Auto – I possibili effetti dell’abbandono del Nafta

Secondo uno studio del Center for Automotive Research (CAR), la rinegoziazione degli accordi del Nafta e le politiche protezionistiche volute dal neo presidente americano Donald Trump potrebbero avere un impatto negativo sull’industria dell’auto americana.

L’uscita dal North American Free Trade Agreement e l’imposizione di tariffe del 35% sui veicoli importati causerebbe, infatti, un incremento dei prezzi, il restringimento del mercato americano e la perdita di oltre 30 mila posti di lavoro.

Tra i fattori negativi citati nel report, il CAR sottolinea l’aumento dei costi di produzione, remunerazioni più basse per gli investitori, una minor scelta per i consumatori e una riduzione delle competitività del settore.

D’altro canto l’automotive a stelle e strisce aveva inizialmente apprezzato un cambio di direzione verso politiche protezionistiche in grado di ridurre la competizione con i produttori stranieri a vantaggio di quelli locali.

Trump ha più volte attaccato gli automaker colpevoli di delocalizzare la produzione di veicoli destinati al mercato americano in Messico, minacciando l’introduzione di una tassa del 35 per cento. Le tre case di Detroit in risposta hanno annunciato piani di investimento in Usa, da ultimo quello da 1 miliardo di dollari di General Motors, specificando tuttavia come tali investimenti non fossero una diretta conseguenza dei tweet di Trump.

Anche le società di componentistica potrebbero trovarsi in difficoltà, dato che gli Sati Uniti nel 2015 hanno esportato 22 miliardi di dollari di componenti in Canada e 20 miliardi in Messico.

Le esportazioni Usa verso il Canada e il Messico nel 2015 ammontavano a circa 420 miliardi di dollari, il 16% dei quali relative all’automotive. L’uscita dal Nafta voluta da Trump potrebbe portare le società canadesi e messicane a rivolgere la loro attenzione verso mercati più economici, quali ad esempio Cina ed India, a vantaggio dei competitor dei gruppi americani.

Commento:

Senza dubbio l’impatto di politiche protezionistiche potrebbe avere degli effetti contrastanti sul settore dell’ auto, con diversi fattori che devono essere tenuti in considerazione.

In primo luogo, la rinegoziazione del Nafta è un processo che richiederà del tempo e che non avverrà nel breve termine, così come la rilocalizzazione della produzione dal Messico agli Stati Uniti.

Come ha sottolineato il ceo di General Motors Mary Barra, infatti, i piani di investimento vengono decisi con largo anticipo rispetto all’inizio delle attività e quindi non possono essere modificati facilmente.

Bisognerà dunque verificare se le case automobilistiche avranno il tempo di riportare la produzione in Usa prima dell’effettiva introduzione delle tariffe sui veicoli importati. Pena la necessità di aumentare i prezzi delle auto per far fronte alla tassa del 35% minacciata da Trump.

Inoltre lo spostamento della produzione richiederà necessariamente ingenti investimenti per costruire nuovi impianti o per ampliare quelli già esistenti in Usa, in un contesto in cui prendere soldi in prestito diventerà più costoso dati i rialzi dei tassi di interesse promessi dalla Fed, anche se sono possibili degli incentivi fiscali per compensare i maggiori costi. Ma non solo, la necessità di diminuire la produzione in Messico potrebbe portare a un sottoutilizzo della capacità produttiva degli impianti con conseguenti impatti negativi sui margini delle case automobilistiche. Da qui la possibilità che gli stabilimenti diventati inefficienti vengano chiusi.

Infine è da notare che riportare la produzione negli Stati Uniti causerebbe un innalzamento dei prezzi delle auto, dovuto ai maggiori costi di produzione connessi all’incremento del costo del lavoro, con conseguenti impatti negativi sulla domanda.

Un effetto che però potrebbe essere contrastato da un duplice fattore. Da un lato il mercato potrebbe beneficiare delle aspettative di crescita economica connessi alle politiche della nuova amministrazione Trump, dato che l’auto è un settore notoriamente ciclico. In secondo luogo i produttori locali potrebbero comunque essere avvantaggiati, data la minore competitività dei rivali stranieri soggetti a una maggiore tassazione.

Fattori che nel complesso potrebbero portare a una necessità di consolidamento del settore, al fine di unire le forze nel tentativo di contenere i costi e condividere gli esborsi per nuovi investimenti.