USA – Le mani della Fed sul mercato azionario

Il rapporto dell’ultima riunione della Banca Centrale ha creato un po’ di apprensione tra alcuni investitori per l’inaspettato richiamo di diversi membri del Board alla sovra valutazione del mercato azionario. In aggiunta, lo stesso Istituto monetario ha annunciato che inizierà a ridurre l’attivo di bilancio, dichiarazione successivamente smentita da uno dei componenti che ha sostenuto che l’operazione non inizierà prima di metà del prossimo anno.

Successivamente, alla fine della scorsa ottava, è stato pubblicato anche il dato del mercato del lavoro del mese di marzo che ha inaspettatamente tradito le aspettative.

Ad appesantire ulteriormente la situazione si parla di un rallentamento della crescita del Pil nel primo trimestre ed un calo delle vendite del settore automobilistico negli ultimi due mesi. La sede regionale di Atlanta della Federal Reserve ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil per il primo trimestre dell’anno abbassandole, in seguito alla pubblicazione del dato sul lavoro, allo 0,6% il più mediocre andamento dai primi tre mesi dal 2014 che tuttavia furono sconvolti da una forte ondata di maltempo.

Nel complesso, un mix di notizie macro e settoriali non entusiasmanti in concomitanza con la partenza, questa settimana, di una nuova stagione di trimestrali.

In tempi diversi e prima della sbornia monetaria che con nomi diversi (Quantitative Easing, Operation Twist, LTRO, etc..) ha caratterizzato quasi interamente l’ultimo decennio solo la metà delle suddette notizie avrebbe provocato una significativa correzione degli indici ed in particolare dopo un periodo lunghissimo di rialzo.

Secondo le statistiche elaborate dalla Federal Reserve, il mercato ha raggiunto i livelli di valutazione della “dot.com bubble” già nel 2014, quando l’indice dello S&P500 superò per la prima volta la soglia psicologica dei 2.000 punti. Da allora l’analisi è stata interrotta, ma è prevedibile che il trend abbia ulteriormente accelerato negli ultimi due anni con il mercato in salita del 15% nel biennio, oltre il doppio rispetto al 7% del Pil.

Peraltro, il mercato azionario americano è in buona compagnia ad avere raggiunto soglie di sovra riscaldamento con le azioni dei mercati emergenti, le obbligazioni societarie ad alto rendimento e l’immobiliare commerciale.

Negli Stati Uniti il vero motore della crescita americana sono sempre i consumi privati, da almeno un ventennio, che partecipano alla costruzione del Pil per oltre i due terzi, tra il 68% ed il 71% a seconda degli anni.

Negli ultimi tempi, si nota un inizio di stanchezza ed un affievolimento delle vendite al dettaglio in alcuni settori tra i quali quello dell’automobile. In aggiunta, i debiti privati sono di nuovo in forte ascesa a livelli che si avvicinano a quelli del periodo precedente alla bolla speculativa che generò la crisi finanziaria della Grande Recessione.

Il momento di appesantimento finanziario del consumatore privato è confermato anche dal tasso di risparmio che sale oltre il 5%, oltre la media degli ultimi anni, sebbene si attesti ancora ad un livello molto modesto rispetto all’Europa.

Un’ulteriore dimostrazione della reale preoccupazione della Banca Centrale è evidente anche nel sotto peso della stessa nei propri fondi pensione che nel grafico si attesta al punto più basso del recente ciclo economico, rispetto al picco del 2009 quando il mercato era crollato. La Federal Reserve ha di conseguenza comprato ai minimi e rivenduto con lauta plusvalenza parte del portafoglio azionario ben sapendo che le regole del gioco le dettava lei.

Infatti la stessa Banca Centrale era consapevole che con le sue politiche ultra espansive avrebbe manipolato i mercati inondandoli per diversi anni di una liquidità eccessiva che avrebbe oscurato qualsiasi fondamentale economico.

In sintesi, ai nastri di partenza di una nuova stagione di trimestrali si può affermare che gli utili societari non muovono il mercato come vi è riuscito il Board della Federal Reserve negli ultimi anni.

Ora l’Istituto federale ha annunciato la riduzione dei propri assets, un evento più temuto anche del rialzo dei tassi.

Cambiamenti significativi nella politica monetaria creano, in tempi recenti, movimenti altrettanto importanti nella macroeconomia rispetto agli anni passati.

La capacità della Fed di indirizzare la liquidità non è stata mai così potente come in tempi recenti. Allo stesso tempo, la Yellen è pienamente cosciente dell’eccesso di liquidità presente nei mercati. Per questo motivo il richiamo alle eccessive valutazioni può essere più infausto rispetto al passato quando comunque in altrettante occasioni il mercato azionario subì delle mini correzioni come indicato nella successiva figura.