Banca Nazionale Svizzera – Un esempio di finanza creativa

La Svizzera è un Paese di poco più di otto milioni di abitanti, ma con un impatto considerevole diretto ed indiretto sulla finanza mondiale. Lo status di Paese e moneta rifugio hanno costretto la banca centrale elvetica ad estremizzare l’uso di strumenti monetari non convenzionali per fermare l’apprezzamento della divisa domestica, il franco svizzero.

Tra i più noti ed utilizzati, non solo dall’entità monetaria elvetica, vi è la stampa di moneta, meglio conosciuta come “Quantitative Easing”. La liquidità creata dal nulla è stata poi investita, in larga misura in azioni di società quotate nei mercati statunitensi, fino a raggiungere alla fine di questo mese l’impressionante controvalore di 80 miliardi di dollari.

In altri termini, la Swiss National Bank (SNB) è ora l’ottavo detentore mondiale di titoli americani.

La facilità della Confederazione Elvetica nell’attirare flussi di denaro, in periodi di particolare incertezza, ha costretto la SNB a svalutare improvvisamente il franco nel gennaio del 2016, legato in precedenza ad un regime di cambio fisso con l’euro, e successivamente ad abbassare i tassi di interesse ben sotto la soglia della parità, fino al -0,75%, con l’obiettivo di scoraggiare l’afflusso di denaro da tutto il mondo.

Vendendo franchi svizzeri per svalutare il valore della moneta, la banca centrale è stata costretta a comprare asset sia in euro sia in dollari.

Secondo una recentissima stima, la quota detenuta dalla SNB in azioni americane si aggira intorno agli 80 miliardi di dollari e di circa 20 miliardi di dollari in azioni europee.

Nel solo 2017, l’istituto centrale ha acquistato 17 miliardi di azioni di società americane senza un particolare criterio, ma con l’unico intento di calmierare il valore del franco.

Ottanta miliardi di dollari diviso 8 milioni di abitanti equivale ad un controvalore di 10.000 dollari detenuto per ogni cittadino elvetico.

Tra le azioni più note o più importanti per capitalizzazione figura anche Apple. (Vedi anche: Apple – Anche le banche centrali ci lasciano lo zampino)

Che cosa potrebbe succedere in caso di Bear Market?

Ogni qual volta il mercato ha avuto qualche piccolo sussulto, senza mai arrivare nemmeno ad una semplice correzione, ci si interroga su quante e quali possano essere le perdite in conto capitale della banca centrale e se la stessa se ne preoccupi in misura così evidente.

Il comportamento dell’istituto monetario svizzero ricorda molto da vicino la famosa affermazione che fece il presidente della Bce Mario Draghi nel luglio del 2011, quando pronunciò che avrebbe fatto qualsiasi cosa “whatever it takes” per difendere l’euro.

Le banche centrali ed i governi esasperano la bolla

Ovunque, dalla Svizzera al Giappone, dagli Stati Uniti all’Europa, le banche centrali hanno inondato i mercati finanziari con fiumi di liquidità pari a circa 13 trilioni di dollari complessivi negli ultimi otto anni, contribuendo alla costruzione di bolle in diverse asset class che diventano più esposte a scoppiare in caso di peggioramento del ciclo economico o di inasprimento della politica monetaria, come già sta avvenendo negli Usa.

In particolare, l’atteggiamento della banca centrale elvetica sembra il più spregiudicato essendo coinvolta molto pesantemente nell’acquisto di azioni, ma non è l’unica. Anche la sua omonima nipponica ha comprato pesantemente etf azionari nell’ultimo biennio per un importo non dichiarato, ma anch’esso assai cospicuo.

In definitiva, la principale preoccupazione si annida nella possibilità che l’attuale bull market viri in un bear market prima o poi e che le banche centrali che detengono un pacchetto consistente di azioni possano imbarcare minusvalenze importanti. Vedremo se e quando questo si verificherà.