Jackson Hole – Il meeting delle Banche Centrali

Giovedì inizierà l’annuale convegno delle Banche Centrali mondiali nella cittadina montana del Wyoming e si estenderà fino alla fine del weekend.

E’ indubbio che gli interventi più attesi saranno quelli della Yellen e di Draghi e cioè le due principali autorità monetarie mondiali.

Interventi dai quali gli investitori vorrebbero riuscire capire come orientarsi nel prossimo futuro interpretando correttamente le parole dalla Presidente della Fed in merito alle scelte sulla politica dei tassi americani da qui alla fine dell’anno oltreché se, quando e come verrà attuato il riassorbimento della liquidità immessa nel recente passato nel sistema.

Più ardua risulterà l’interpretazione delle parole di Draghi in merito ai temi caldi, che comunque restano essenzialmente due: quando si scriverà la parola fine sul Quantitative easing (Qe) e come sarà possibile interrompere la sopra-valutazione dell’euro, sempre se sarà possibile. Un tema, questo ultimo, strettamente connesso proprio con le scelte sul Qe che Draghi non vorrebbe toccare.

In buona sostanza si conosce già l’argomento del discorso della responsabile della Federal Reserve, che parlerà in apertura del meeting sulla stabilità finanziaria, argomento molto caldo in virtù delle recenti perplessità di alcuni membri del Board della Banca Centrale statunitense nelle ultime riunioni.

Al contrario, è ancora ignoto l’argomento del discorso di Draghi, il quale cercherà di evitare dettagli specifici sulla fine del programma di Quantitative Easing europeo e sulla forza dell’euro, apparsa eccessiva in questo periodo ma del tutto incontrastabile.

La conferenza acquista comunque interesse in quanto si incastra in una settimana povera di dati macro economici e che segue, invece, un’ottava negativa sui mercati azionari.

Settimana nella quale è stata registrata la prima variazione del Dow Jones superiore ad un punto percentuale dopo 63 settimane consecutive di sostanziale “stabilita”; la più lunga striscia negli ultimi ventidue anni.

L’argomento della conferenza è assai retorico: come rafforzare la crescita economica.

E la Yellen, come ricordato, parlerà della stabilità finanziaria ma anche dei rischi relativi al mercato del lavoro, ormai in piena occupazione, e di quelli di un rallentamento della politica monetaria restrittiva sul tasso di inflazione, che potrebbe sfuggire al controllo della Banca Centrale statunitense. Questo anche se le ultime rilevazioni mensili hanno registrato un lieve calo della corsa al rialzo dei prezzi al consumo.

Gli investitori sono certamente interessati a capire il punto di vista della Chairman per bilanciare i loro investimenti tra azioni ed obbligazioni nei prossimi mesi.

Inoltre, come abbiamo già riscontrato, la direzione della politica americana condizionerà in tempi brevi anche quello delle altre Banche Centrali mondiali, tanto più la velocità di rialzo dei tassi statunitensi sarà accelerato.

Ulteriori considerazioni potrebbe essere esplicitate sui tempi di inizio dell’attività di normalizzazione, vale a dire di riduzione dell’attivo di bilancio attraverso la lenta, ma progressiva vendita dei titoli in portafoglio.

Restano invece completamente oscuri i temi che tratterà il governatore dell’area euro, anche se dovrebbe evitare qualsivoglia riferimento alle mosse di politica monetaria, il cui argomento sarà sviluppato il prossimo autunno come annunciato dallo stesso Draghi.

Sarà di conseguenza difficile sentirlo parlare di “tapering” o di tassi di interesse. Tuttavia, è assai probabile che la sua retorica sia ancora espansiva malgrado i messaggi ottimisti lanciati negli ultimi mesi sulla solidità della crescita economica nel Vecchio Continente.

Diverso invece lo scenario sul fronte delle valute in quanto l’ultimo rapporto della BCE rivela quanto l’autorità monetaria europea sia preoccupata dall’eccessivo rafforzamento da inizio anno dell’euro.

Le perplessità risalgono alla riunione di luglio quando il cambio con il biglietto verde si aggirava intorno a 1,14 e rimangono del tutto confermate ora che il rapporto si è inerpicato fino a 1,18.

Alcuni economisti si aspettano quindi un intervento specifico sul livello di cambio, un’affermazione verbale che possa spegnere, o almeno rallentare, la corsa alla rivalutazione della moneta unica.

Tuttavia, non è chiaro se Draghi condivida le preoccupazioni del board di Francoforte o sia invece costretto ad assecondarle.

Di sicuro, l’euro forte danneggia gli sforzi della Banca Centrale di rinvigorire il tasso di inflazione, sempre molto modesto all’interno dei Paesi che hanno adottato la moneta unica.

In definitiva, gli investitori cercheranno di capire se la Fed alzerà almeno un’altra volta i tassi da qui alla fine dell’anno, ma anche le scelte possibili in tema di riassorbimento della liquidità.

L’attenzione rivolta a Draghi sarà invece focalizzata nell’interpretare i modi ed i tempi delle attese variazioni di politica monetaria e questo anche gli effetti che tali scelte potrebbero avere su inflazione ed apprezzamenti dell’euro.