Banche – Balza l’utile netto normalizzato (+42%) nel primo semestre 2017

Il comparto bancario, nel primo semestre 2017, ha riportato nel suo complesso un margine di intermediazione sostanzialmente stabile a 27,1 miliardi. Tale dinamica è riconducibile al perdurare dei bassi di interesse, i cui effetti sono stati quasi del tutto compensati dalla crescita delle commissioni nette. La tenuta del margine di intermediazione, unita a costi operativi diminuiti meno che proporzionalmente, ha portato a un lieve calo del risultato lordo di gestione (-6% a 11,2 miliardi). Significativi i miglioramenti sulle rettifiche su crediti, che, al netto dei 3,9 miliardi di accantonamenti straordinari riferiti a Mps, si sono contratti del 25% a 5,4 miliardi, indicando un miglioramento della qualità dell’attivo delle banche italiane rispetto al passato. L’utile netto, escludendo gli impatti delle componenti straordinarie positive e negative di Mps e il contributo statale da 3,5 miliardi a Intesa, ha segnato una crescita del 42% a 3,4 miliardi.

Nella tabella sottostante vengono analizzati a livello aggregato i risultati relativi al primo semestre 2017 delle banche quotata a Piazza Affari.

Il margine di intermediazione aggregato delle banche quotate a Piazza Affari, nei primi sei mesi del 2017, è rimasto sostanzialmente in linea al pari periodo 2016, attestandosi a 27,1 miliardi (-3%). Tale andamento è dovuto a una generalizzata flessione del margine di interesse legata al perdurare di una situazione di bassi tassi, quasi interamente compensata da un incremento delle commissioni nette.

Tra gli istituti di credito maggiori questo trend è predominante. Tra le big, Mps merita un discorso a parte, in quanto ha recentemente effettuato una ricapitalizzazione precauzionale con intervento pubblico dopo aver ottenuto il via libera dalla Commissione Ue. La banca senese ha registrato una contrazione del margine di intermediazione a 1,9 miliardi (-21%), risentendo della diminuzione sia del margine di interesse sia delle commissioni nette nella fase di incertezza dei mesi scorsi.

Tra le Mid Cap buoni risultati a livello di ricavi sia per Popolare di Sondrio (+6% a 443 milioni) sia per Credem (+6% a 593 milioni). Entrambe le banche hanno beneficiato della contestuale crescita del margine di interesse e della componente commissionale.

Nello Small Cap, tra le banche prevalentemente retail Creval e Carige hanno riportato una riduzione del margine di intermediazione, rispettivamente a 366 milioni (-8%) e a 283 milioni (-14%), mentre per Banco Desio è risultato fondamentalmente stabile a 209 milioni.

La tenuta del margine di intermediazione, combinata con la diminuzione meno che proporzionale dei costi operativi, ha condotto a una flessione del risultato lordo di gestione aggregato (-6% a 11,2 miliardi). Nel computo dei costi bisogna considerare il peso degli oneri di sistema, che hanno impattato in particolare su Intesa Sanpaolo.

Le rettifiche su crediti aggregate sono cresciute del 28% a 9,3 miliardi, includendo i 3,9 miliardi di accantonamenti straordinari relativi alla cartolarizzazione dei 26 miliardi di npl in seno a Mps. Escludendo questa componente, le rettifiche su crediti scendono in maniera considerevole (-25% a 5,4 miliardi).

Nel Ftse Mib il minore ricorso alle rettifiche è di Ubi (-76%) anche se va sottolineato che il primo semestre 2016 rifletteva la decisione aziendale di innalzare i livelli di copertura. Rilevante diminuzione anche per Banco Bpm (-37%), anche se i primi sei mesi del 2016 recepivano l’aumento delle coperture dei crediti deteriorati, anche per venire incontro alle richieste della Bce per dare il via libera alla fusione tra Banco Popolare e Bpm. Diminuiscono gli accantonamenti anche Unicredit (-25%) per merito in particolare della cessione del portafoglio da 17,7 miliardi di npl, e Intesa (-11%). In controtendenza Bper (+17%), che risente di 62 milioni legati a componenti non ricorrenti.

Nel Mid Cap la maggiore riduzione è da ascrivere a Popolare di Sondrio (-24%) seguita da Credem (-7%). Tra le Small Cap si segnala il calo degli accantonamenti di Carige (-30%) e di Banco Desio (-29%), mentre aumentano quelli riferiti a Creval (+143%) a causa delle minusvalenze legate alla cessione del pacchetto da 1,4 miliardi di crediti problematici.

Tali dinamiche hanno portato l’utile netto aggregato ad attestarsi a 4 miliardi (+70%). Non includendo nel computo le voci straordinarie legate a Mps e i 3,5 miliardi di contributi pubblici ricevuti da Intesa nell’ambito dell’acquisizione degli asset delle venete, l’utile netto aggregato sarebbe stato pari a 3,4 miliardi, registrando comunque una crescita significativa (+42%).

Nel Ftse Mib si segnala il rilevante balzo a livello bottom line di Unicredit (+40% a 1,9 miliardi) e la tenuta di Intesa a 1,7 miliardi al netto del contributo pubblico da 3,5 miliardi. Ubi e Banco Bpm sono tornate in utile rispettivamente per 111 milioni e 94 milioni. Il risultato netto di Bper è salito a 119 milioni per la contabilizzazione del badwill relativo all’acquisizione di Carife.

Nel Mid Cap notevole performance dell’utile netto per Popolare Sondrio (+22% a 56 milioni) e, soprattutto, di Credem (+44% a 101 milioni).

Tra le Small Cap Creval ha chiuso in rosso a 195 milioni, mentre Carige ha ridotto la perdita netta (-16% a 155 milioni). In contrazione l’utile netto di Banco Desio (-18% a 18 milioni).

In termini patrimoniali, gli impieghi sono restati sostanzialmente stabili a 2.063 miliardi, così come la raccolta a 1.924 miliardi.