Obbligazioni – L’improvviso ritorno dello spettro dell’inflazione

Pur a fronte di prospettive di crescita mondiale non esaltanti e, comunque, subordinate al non divampare di guerre commerciali oggi più strillate con fine minatorio che realmente intese ad essere messe in pratica, il rialzo dei prezzi delle materie prime ed in particolare del greggio riporta a galla lo spettro dell’inflazione.

In cima alla lista dei desideri delle banche centrali un po’ di inflazione giova a tutti, purché non derivi da shock esogeni fuori dal radar di governo dell’economia.

E’ questa forse la ragione per cui i mercati si mostrano più sensibili alle quotazioni del barile che non ai dati su occupazione e salari che sembrano viceversa, da anni ormai, avere perso una correlazione fisiologica.

Il dato odierno sui prezzi alla produzione tedesca mostra un andamento debole e quello sull’inflazione giapponese, divulgato alle prime ore del mattino, torna negativo mese su mese e tutto questo dimostra che, nel contingente, mancano i presupposti per qualsiasi ipotesi di surriscaldamento dei prezzi.

Ma i mercati guardano avanti e, se lasciano nella sostanza invariato il tratto breve della curva, scaricano le preoccupazioni su quello a medio/lungo.

Il T-bond sale sopra il 2,90% e lì si mantiene anche oggi. Movimento di pari intensità si manifesta negli ultimi giorni anche sulle scadenze fino a trent’anni.

Anche l’Europa segue, con intensità ridotta, lo stesso trend e si sottolinea come il quinquennale tedesco sembri prepararsi ad abbandonare l’area di rendimenti negativi.

E’ uno scenario strano e non coerente con quello che abbiamo visto finora, e va osservato con attenzione.