Mercati Usa, resistono alle “turbolenze” esterne con nuovi record ad agosto

Al netto dell’ultima seduta di consolidamento, agosto 2018 si sta dimostrando un mese in controtendenza, almeno per Wall Street, rispetto ad altri mercati azionari mondiali e ha lanciato tutti i principali indici verso nuovi massimi storici, ad eccezione del Dow Jones, più condizionato dalla guerra commerciale in atto tra Usa e Cina.

Il periodo magico cominciato ad inizio anno in scia all’applicazione della riforma fiscale americana sembra di nuovo in auge. In aggiunta, le diverse criticità evidenziate da alcuni Paesi emergenti, in particolare Argentina e Turchia, ma anche Sud Africa e Brasile, tutte nazioni che hanno subito una svalutazione del cambio più o meno accentuata, non hanno avuto pressoché alcun impatto negativo sull’andamento del mercato azionario a stelle e strisce.

Anche la questione dei dazi ha avuto molta più influenza negativa sull’indice di Shanghai, rispetto a quello di New York.

Tantomeno Wall Street sembra temere i guai interni di Trump, sempre sotto attacco dei suoi precedenti e numerosi collaboratori che si sono dimessi o sono stati allontanati negli ultimi due anni dal suo staff presidenziale.

Basti pensare che la scorsa settimana quest’ultimo “bull market” è diventato il più duraturo della storia di Wall Street.

Estendendo il periodo di analisi si nota come a partire dal 2016 ci siano stati quattro periodi caratterizzati da sensibili correzioni.

All’inizio di quell’anno i mercati azionari mondiali subirono una forte contrazione in scia alla marcata discesa della Borsa cinese che provocò un effetto tsunami su tutti i listini planetari, indistintamente. Il fenomeno, per quanto severo, durò comunque sei settimane fino a metà febbraio e fu il trampolino per la realizzazione di nuovi massimi in tutte le piazze mondiali.

Il secondo shock si verificò nel giugno dello stesso anno in occasione dell’inaspettato esito del referendum pro Brexit che catapultò i listini nel panico, in particolare quelli europei con perdite a Madrid e Milano in doppia cifra nella seduta successiva l’esito l’elettorale. Anche in questo secondo caso la risalita fu altrettanto ripida, quanto l’iniziale discesa.

Il terzo evento fu forse ancora più clamoroso: la temuta e inaspettata elezione del presidente americano Trump nel novembre 2016. La quasi integrità degli esperti era convinta che la sua ascesa alla Casa Bianca avrebbe provocato un terremoto sui mercati finanziari. Avvenne, al contrario, esattamente l’opposto con l’inizio di una corsa senza freni dei listini che ha portato il Dow Jones a rompere la barriera dei 20.000 punti e raggiungere i 26.000 nei successivi quindici mesi.

Arriviamo infine a gennaio 2018, quando sembra concludersi il rialzo ininterrotto dall’elezione di Trump con Wall Street che improvvisamente teme l’effetto del rialzo dei tassi di interesse e corregge del dieci per cento in una sola settimana. Questa volta i listini hanno avuto bisogno di quasi due mesi di assestamento, nei quali hanno tentato invano più volte di perforare i minimi di periodo che, invece, hanno tenuto innestando l’ennesimo rimbalzo trainato all’inizio dal settore tecnologico.

Alla fine di agosto ci troviamo con il Nasdaq che ha superato gli 8.000 punti, lo S&P500 i 2.900 e mette nel mirino i 3.000 punti ed il Dow Jones in area 26.000, unico indice a non aver ancora sbriciolato il precedente record di inizio anno (26.616 punti).

Conclusione

In sintesi i mercati azionari si sono spinti decisamente al rialzo, ed in particolare Wall Street, in un contesto pieno di incertezze che avrebbero anche potuto farlo deragliare.

Anche negli ultimi anni i fattori rialzisti e ribassisti sia micro che macro economici hanno tentato di spingere gli indici nelle opposte direzioni ma fino ad ora i “bull” continuano a prevalere e non si intravede alcun segnale immediato di nuovo appannamento, almeno fino alle elezioni di medio termine americane di inizio novembre.