UniCredit – In crescita il reddito operativo (+16%) ma scende l’utile nel 3Q 2018

Nel terzo trimestre 2018, i conti della banca guidata da Jean Pierre Mustier hanno subito il contraccolpo della crisi della Turchia, con la svalutazione della partecipazione nella banca turca Yapi che, unita ad accantonamenti per sanzioni Usa, assorbono quasi tutto l’utile netto del trimestre, sceso a 29,4 milioni, contro gli 875 milioni che sarebbero stati registrati senza questi elementi straordinari.

UniCredit trova un ostacolo nel proprio processo di rilancio e progresso, avviato con il varo del piano “Transform 2019”. La banca, alle prese con la crisi della Turchia ha deciso, cogliendo di sorpresa il mercato, di svalutare la propria partecipazione nella controllata turca Yapi per 846 milioni e di effettuare alcuni accantonamenti per coprire l’imminente accordo relativo a sanzioni negli Stati Uniti. Due elementi straordinari che hanno limato l’utile netto del terzo trimestre a 29,4 milioni, contro gli 875 milioni che sarebbero stati registrati dall’istituto in assenza di tali impatti.

Per il resto, invece, il core business della banca gode di buona salute. L’attività caratteristica, margine di interesse e commissioni, sono in crescita e la riduzione dei costi prosegue a un ritmo superiore a quanto pianificato. Il risultato è un incremento del risultato lordo di gestione di oltre il 16 per cento.

Il contesto economico tuttavia non è facile, con la risalita dello spread che ha penalizzato i titoli di Stato e ha fatto sentire i suoi effetti sulla patrimonializzazione dell’istituto. Il Cet1 fully loaded si è fissato a fine settembre al 12,11%, 39 punti base in meno rispetto al livello di fine giugno.

L’impatto dell’allargamento dello spread ha pesato per 9 pb, mentre altri 14 pb sono dovuti alla lira turca. Per questo, da una parte la banca ha rivisto al ribasso il target a fine 2018 a un range compreso tra l’11,5% e il 12%, rispetto al 12,3%-12,6% indicato a fine giugno, mentre per fine 2019 il target è del 12%-12,5 per cento. Dall’altra parte ha previsto azioni per rafforzare la patrimonializzazione, quali la vendita di un rilevante portafoglio immobiliare, e il ribilanciamento dei titoli di Stato per sterilizzare l’effetto dello spread.

La banca ha inoltre ritarato i target del piano, confermando tuttavia l’utile netto di 4,7 miliardi per il 2019.

Nella tabella seguente riportiamo il confronto tra i conti economici trimestrali di UniCredit.

Il margine di intermediazione di UniCredit nel terzo trimestre 2018 è cresciuto dell’1,9% annuo a 4.814 milioni, supportato dall’attività bancaria caratteristica, interessi e commissioni, entrambi in espansione, ma frenato dall’attività di trading, che ha risentito del calo dei mercati, e dagli altri ricavi.

Il margine di interesse ha raggiunto i 2.765 milioni, in aumento del 7,2% rispetto al terzo trimestre 2017, grazie all’aumento dei volumi dei prestiti, al minore costo del funding e al maggiore contributo del portafoglio investimenti/markets & treasury che hanno compensato le pressioni in atto sui tassi applicati alla clientela.

Le commissioni nette si sono attestate a 1.628 milioni (+2,3% rispetto all’analogo periodo del 2017). L’aumento è stato trainato dalle commissioni da servizi transazionali, incrementatesi del 10% a/a a 612 milioni grazie ai servizi di conto corrente e delle carte nel Commercial Banking Italy. Le commissioni di investimento sono, invece, scese a 613 milioni (-3,1% a/a) a causa del calo di quelle da raccolta amministrata e delle fee up-front, solo parzialmente compensate dalle maggiori commissioni di gestione della raccolta gestita. Infine, le commissioni da servizi di finanziamento sono state pari a 403 milioni nel terzo trimestre 2018 (+1% annuo), trainate da factoring e prodotti assicurativi.

I profitti da trading hanno evidenziato un calo del 27,3% a rispetto al terzo trimestre 2017 a 277 milioni, a causa della minore attività con la clientela in un contesto di mercato sfavorevole e dell’impatto negativo del mark to market del bond relativo alla vendita di Pekao.

Infine, arretrano del 16,3% annuo anche gli altri ricavi a 144 milioni. Questa voce ha risentito del calo dei dividendi di Yapi (-71,6% a/a) per il crollo della lira turca, mentre gli altri dividendi sono aumentati principalmente grazie alle cedole sulle azioni sottostanti al mandatory convertible di Pekao.

In deciso calo le spese, che evidenziano il successo della rigorosa disciplina di controllo dei costi messa a punto con il varo del piano “Transform 2019”. Il totale dei costi operativi ha registrato un decremento del 7,8% a 2.591,6 milioni rispetto al periodo di confronto, grazie alla discesa sia delle spese per il personale diminuite (-7,6% a/a a 1.575 milioni), sia degli altri costi operativi (-8,2% annuo a 1.016,6 milioni). Tra le aree di risparmio vi sono consulenze e sponsorizzazioni. Nel trimestre è proseguito il piano di chiusura delle filiali (41 nei tre mesi) e della riduzione del personale. Nuovi passi in avanti, inoltre, nel processo di digitalizzazione. Durante il terzo trimestre del 2018 è cresciuta di 7,4 punti percentuali la porzione di vendite a distanza in Italia, raggiungendo il 26% del totale.

Grazie alle dinamiche sopra riportate, il risultato lordo di gestione è salito a 2.222,4 milioni (+16,2% rispetto al periodo luglio-settembre 2017).

Dopo rettifiche su crediti sostanzialmente stabili a 696 milioni (+2,8% a/a), in piccola parte anche per effetto dei modelli, il risultato netto di gestione è cresciuto quindi a 1.526,4 milioni (+23,6% a/a).

Qui si inserisce però la voce altri accantonamenti e poste straordinarie che è ammontata a 1.399 milioni, includendo la svalutazione di Yapi Credit, pari a 846 milioni, e gli accantonamenti per le sanzioni americane che sono in fase di liquidazione, di ammontare non quantificato. In conference call Mustier ha affermato di credere ancora nelle potenzialità della banca turca e di essere pronto a supportarla in caso di necessità; non si aspetta invece altri potenziali impatti futuri sostanziali dalla vicenda americana. Ha contribuito in modo positivo per 114 milioni, invece, la cessione dell’attività di credito su pegno.

L’utile prima delle tasse si è ridotto quindi a 127,4 milioni, contro i 926 milioni del terzo trimestre 2017, mentre l’utile è sceso a 29,4 milioni. Senza considerare l’impatto dell’impairment di Yapi e gli accantonamenti per le sanzioni Usa, il risultato netto sarebbe stato pari a 875 milioni.