Obbligazioni – Le esternazioni di Trump non giovano ai mercati

Il presidente americano, Donald Trump, non perde occasione per dimostrarsi libero da ogni forma di tacito protocollo che ha sempre contraddistinto le uscite pubbliche dei precedenti inquilini della Casa Bianca.

E’ toccato questa volta a Jerome Powell sentirsi direttamente attaccato per una politica monetaria in disaccordo con il pensiero del leader repubblicano che vede nei rialzi dei tassi una pericolosa minaccia alla crescita robusta che gli garantirebbe, al momento, un sicuro successo alle elezioni di medio termine del prossimo autunno.

Da parte della Fed, la pronta risposta in un’intervista radiofonica in cui Jerome Powell si dice assolutamente non preoccupato delle pressioni dell’amministrazione, confermando la lunga tradizione di indipendenza della banca centrale dalla politica.

Si tratta di uno scontro istituzionale “subliminale”, ma sufficiente a creare nervosismo e esacerbare una reazione di mercato, non preoccupante, ma amplificata, come si è spesso detto, dai volumi sottili degli scambi che contraddistinguono tipicamente questo momento dell’anno.

Mentre il T-bond resta dov’era ieri pomeriggio, il dollaro si indebolisce riportandosi in area 1,1650 proprio a seguito dell’esternazioni di Trump.

I governativi europei risentono a loro modo del clima meno sereno e vedono i titoli dei Paesi cosiddetti periferici (Italia, Spagna e Portogallo) con rialzi dei rendimenti a zig-zag in relazione al momento di misurazione, che arrivano a superare anche i dieci centesimi per poi rientrare rapidamente su livelli più normali.

La fotografia istantanea non fa testo e bisognerà attendere la chiusura di giornata per comprendere esattamente il vero umore del mercato.

Nessun segnale dagli spread degli high-yield, ovviamente, in quanto ritardati di un giorno, ma che a logica dovrebbero accusare una correzione al rialzo.