Vontobel Twenty Four – L’opinione del gestore Mark Holman sulle opportunità del reddito fisso

“La performance è il nostro obiettivo numero uno”. E’ questo il driver delle scelte di investimento di Mark Holman, partner di Twenty Four, la controllata della banca Vontobel specializzata nella gestione in titoli a reddito fisso e gestore della Sicav lussemburghese LUX IM-Twenty Four Global Strategic Bond. Market Insight ha chiesto la sua opinione sulle prospettive dei titoli a reddito fisso in questo contesto caratterizzato da una crescente complessità.

I tempi in cui il reddito fisso era il paradiso per il cassettista che poteva acquistare titoli di Stato che garantivano elevate cedole e al contempo una sufficiente tranquillità sono oramai lontani. Ora nel mondo di obbligazioni e titoli di Stato bisogna avere un approccio professionale che permetta di muoversi con una certa agilità alla caccia delle migliori occasioni e che al contempo riesca a garantire un rendimento in un contesto che presenta ancora bassi tassi di interesse.

Una situazione che sta evolvendo con la Fed determinata a portare avanti il processo di normalizzazione del costo del denaro e che quindi potrà incrementare ancora i tassi da qui alla fine dell’anno. Una politica calzante rispetto alla situazione economica, ma che comporta come conseguenza anche l’appiattimento della curva dei tassi Usa, schiacciata nelle scadenze più lunghe dal timore per l’incombente guerra commerciale lanciata dal presidente Trump per difendere gli interessi nazionali. Una figura grafica che spaventa gli investitori in quanto in passato ha indicato l’avvicinarsi di una contrazione economica. In una situazione così complessa non è facile per i risparmiatori riuscire a effettuare le scelte più appropriate nell’universo del reddito fisso.

Market Insight ha chiesto un’opinione sull’attuale situazione a Mark Holman, gestore di LUX IM-Twenty Four Global Strategic Bond, la linea della Sicav lussemburghese lanciata da Banca Generali che investe in titoli a reddito fisso mirando alla performance e alla conservazione del capitale, senza vincoli di gestione e in modo indipendente da indici di mercato.

Qual è l’approccio del fondo e in che tipo di asset class investe?

Il Vontobel Fund-Twenty Four Strategic Income Fund è un fondo gestito attivamente, senza vincoli, che investe nel reddito fisso, alla ricerca di valore nei mercati globali dei bond.

Mark Holman

L’obiettivo del fondo è generare un attraente livello di reddito, mantenendo al contempo una forte attenzione sulla preservazione del capitale grazie allo stringente processo di investimento basato sul controllo del rischio.

All’interno di questi parametri di controllo del rischio ci muoviamo con agilità seguendo le nostre convinzioni, assicurandoci che i temi emergenti e le idee siano velocemente riflessi nel portafoglio. Diamo la caccia al valore relativo che si crea tra i diversi titoli, settori e mercati geografici, ponendo un’elevata importanza sia sulla selezione bottom-up sia sull’asset allocation top-down.

Qual è la vostra strategia di investimento nell’attuale contesto?

Gli investitori nel reddito fisso si trovano di fronte a una complessa serie di questioni, con i maggiori rischi rappresentati dalla volatilità geopolitica e dalla duration dei tassi d’interesse. Le banche centrali mondiali, guidate dalla Fed, stanno iniziando a portare a termine le straordinarie misure di politica monetaria successive alla crisi, dinamica che può avere un impatto negativo sui ritorni delle obbligazioni a reddito fisso.

A complicare la situazione c’è la minaccia della guerra commerciale globale, cui si aggiungono altri timori a livello geopolitico, come per esempio le scelte del nuovo governo populista in Italia, così come l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e altre problematiche in Paesi emergenti come la Turchia.

Mentre permangono questi rischi geopolitici, la nostra idea è ripartire il portafoglio tra investimenti di breve scadenza e una ragionevole fetta di titoli di Stato molto liquidi, di modo da essere in grado di essere in grado di cambiare la tendenza del portafoglio velocemente se e quando i discorsi sulla guerra commerciale si calmeranno.

Qual è la vostra attuale asset allocation?

La nostra asset allocation riflette la nostra attuale preferenza per investimenti di breve periodo, come protezione verso il rischio legato alla duration.

Una quota appena inferiore al 18% è investita in titoli con scadenza a 1-3 anni, il 38% nella fascia con scadenza 3-5 anni e il 21% tra i 5 e i 7 anni. Come settore i tre comparti principali sono rappresentati da titoli di Stato (30%), titoli bancari (23%) e asset backed securities (11,24%), anche se abbiamo un considerevole quota in selezionati titoli high yield americani ed europei, in titoli degli Emerging Market e in bond assicurativi. Dal punto di vista geografico siamo investiti maggiormente in Europa (34%), in Gran Bretagna (24%) e Nord America (21%). Il 2,43% del portafoglio è investito in liquidità lasciandoci una grande flessibilità.

Dove ritiene di poter trovare l’alfa nell’attuale contesto?

I primi due trimestri del 2018 sono stati impegnativi e hanno indebolito il sentiment degli investitori e fatto salire la volatilità del mercato, con un incremento dei rendimenti e un allargamento degli spread sul credito in molti settori.

Come specialisti del reddito fisso, anche in condizioni difficili noi andiamo a cercare l’alfa in settori dove la nostra competenza ci fornisce un vantaggio. Il segmento degli AT1 bancari, per esempio, offre rendimenti ben superiori al 5% per alcune istituzioni bancarie molto ben gestite.

La selezione dei singoli titoli è importante, ma rendimenti del 5-6% per titoli con rating ‘BB’ sono valori eccezionali che offrono la possibilità di avere elevati rendimenti e realizzare un capital gain.

Come gestori attivi troviamo occasioni di alfa anche temporanee. A nostro avviso, per esempio, i rendimenti sui titoli di Stato italiani di breve scadenza sono attualmente più alti di quanto non dovrebbero essere. L’Italia presenta al governo una coalizione debole, formata da partiti populisti che sono in disaccordo su numerosi temi e cercheranno di far passare norme che potranno essere messe in discussione dall’Unione Europea. Tuttavia non c’è per il momento un rischio reale di uscita dall’Eurozona e ancora il Btp a due anni rende 80 punti base. Al contrario, i titoli a due anni portoghesi hanno un rendimento negativo di 20 bp.

Qual è la sua opinione sull’appiattimento della curva dei tassi americana?

La minaccia di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina sta agendo da ancora per i tassi a lungo termine americani, mentre la Fed ha indicato che intende ignorare questi rischi geopolitici e continuare il proprio percorso di normalizzazione della politica monetaria spingendo all’insù i tassi a breve.

In questo modo si crea la combinazione perfetta per rendere piatta la curva dei tassi Usa, che ha toccato addirittura i 23 bp a luglio (di differenziale di tasso tra i i titoli Usa a 2 anni e quelli a 10 anni ndr).

Se la minaccia della guerra commerciale non verrà superata e la Fed porterà avanti gli attesi rialzi in settembre e in dicembre, allora potremo vedere una curva dei rendimenti dei titoli a 2 e 10 anni piatta verso la fine del 2018 a circa il 3%.

Storicamente la curva dei tassi è un buon indicatore dell’arrivo di una recessione e questa può diventare una profezia che si autoavvera se le banche commerciali iniziano a utilizzare l’appiattimento della curva per mettere in guardia sull’arrivo di un rallentamento economico.

Tuttavia, se verranno superati i timori sulla guerra commerciale i tassi a lungo dovrebbero salire nuovamente rendendo più ripida la curva e posizionandosi attorno al 4% nel 2019.

Quali sono le conseguenze sui mercati della fine del Quantitative easing?

Il Quantitative easing ha un impatto tecnico estremamente positivo sugli asset esposti al rischio, spingendo al ribasso i rendimenti delle obbligazioni investment grade a livelli record e anche abbassando gli spread in settori che presentano beta più elevati, dato che gli investitori si spostano lungo la curva dei tassi alla ricerca di rendimenti.

Il Quantitative easing potrà arrivare a un termine, ma per il momento solo la Fed sta realmente riducendo il proprio bilancio non reinvestendo i ricavi dei bond alla scadenza. E nonostante questo, gli spread sui titoli Usa rimangono ai minimi di sempre.

Il totale dei titoli posseduti dalle banche centrali supererà i 15 trilioni nel momento in cui la Bce cesserà il proprio programma, come atteso in dicembre. La fine degli acquisti toglierà un po’ di pressione dagli spread, tuttavia la banca centrale di Francoforte manterrà le dimensioni del proprio portafoglio reinvestendo i proventi dei titoli in scadenza che significa che i fattori tecnici trainanti del Quantitative easing rimarranno in piedi.

Gli spread sui tassi si sono allargati nel 2018, tuttavia l’attesa fine del Quantitative easing è stata solo uno dei fattori che vi hanno contribuito.

Da dove verranno i maggiori rischi?

Due dei maggiori rischi che i mercati del reddito fisso debbono affrontare oggi sono l’incremento dei tassi e l’instabilità geopolitica.

La Fed sembra determinata ad alzare i tassi per l’ottava e la nona volta dopo la crisi entro la fine dell’anno e i grafici suggeriscono altri tre o quattro incrementi nel 2019, benché i mercati al momento non scontino ancora quest’ultima previsione.

I tassi sui Treasury americani a 10 anni negli ultimi tre mesi hanno oscillato tra quota 2,80% e 3,10%, livelli che molti analisti non si aspettavano di vedere fino alla fine del 2018. La Bce, la Banca centrale del Giappone e quella d’Inghilterra sono rimaste indietro nel ciclo rispetto alla Fed, ma mostrano una volontà di andare verso una normalizzazione dei tassi.

La situazione politica in Italia, la Gran Bretagna e alcuni mercati emergenti hanno creato ulteriori spunti di volatilità quest’anno, ma il maggiore rischio per i mercati è la persistente minaccia di una guerra commerciale globale. Se si innesca un circolo per cui diverse importanti nazioni in termini di scambi commerciali iniziano a imporre significativi dazi sulle importazioni, questo potrebbe colpire sia il sentiment sia gli utili e potrebbe far deragliare la ripresa mondiale, ponendo un tetto a ogni rally per gli asset rischiosi.