Obbligazioni – Cop25: l’oblio

Nel calendario dell’Avvento dei bambini si apre una finestrella al giorno per trovare all’interno una piccola sorpresa. Così, metaforicamente, sui mercati.

La settimana passata non ha certo deluso.

Nel fine settimana, invece, si è trovato il fallimento completo del Cop25 dove, tra vigorose strette di mano, i Grandi del mondo si sono lasciati con un arrivederci a Bonn.

Il sentore, o forse la certezza, di come il tema ambientalista sia confinato ad un buon argomento di marketing, ma politicamente molto pericoloso si era già avuto nel corso del Consiglio Europeo e a farne le spese era stata la neo Presidente Von der Leyen che aveva dovuto incassare il primo fallimento nel suo ruolo istituzionale. L’altra grande figura femminile emergente del nuovo corso, la Presidente della Bce Lagarde, si è ben guardata invece dall’entrare nel dibattito nel suo incipit pubblico.

L’appena concluso vertice mondiale entra quindi rapidamente nell’oblio, la migliore strategia di fronte alle sconfitte, e si preferisce riprendere in mano il tema dell’accordo commerciale dando spazio ai misteri di firme non apposte, ma in realtà evidente il risultato concreto di aver eliminato il pericolo dazi e concluso un primo step sull’import-export agricolo che premeva molto ad entrambi i contendenti.

I dati macro a contorno confermano il solito andamento a tinte sbiadite con alcuni valori in miglioramento ed altri in senso opposto che alla fine mostrano un impatto neutrale sui mercati sempre bene impostati al rialzo in ambito azionario e ormai alla stasi sui tassi d’interesse.

Il T-bond dice di voler mantenersi in area 1,80-1,90% mantenendo un’inclinazione di curva sui 20 bps, il Bund dà il tempo ed evidenzia un corridoio stretto tra -0,30/-0,25% mentre il Btp conferma il suo differenziale con perno su 156 mostrandosi totalmente insensibile alla vicenda Popolare di Bari.

Sui cambi, il dollaro recupera e si risposta verso 1,1125 mentre resta ovviamente tonica la sterlina dopo la vittoria di Johnson. Lo spread dei corporate high-yield capitalizza in ultimo gli entusiasmi della settima pregressa con un allungo del recupero dei titoli in dollari a 370, più modesto ma comunque corposo in euro a 331.