
I Consigli di Amministrazione delle due società hanno dato ieri il via libera al progetto di integrazione di Enel Green Power (Egp) in Enel, sette anni dopo la sua nascita come società distinta da Enel e poi quotata in borsa nel novembre del 2010. L’operazione sarà eseguita mediante una scissione parziale non proporzionale di Egp per effetto della quale essa diventerà interamente controllata da Enel (che attualmente possiede il 69,17% del capitale) e, conseguentemente, verrà delistata. Gli attuali azionisti di Egp riceveranno azioni di Enel di nuova emissione, con un rapporto di cambio di 0,486 azioni Enel (che attualmente quotano 4,1 euro) per ciascuna azione Egp (a oggi 1,9 euro). Enel emetterrà fino a 770 milioni di nuove azioni, che si confronta con le azioni esistenti pari a 9,4 miliardi. In termini di dividendi, la remunerazione di Enel negli ultimi anni è stata maggiormente favorevole rispetto a quella della controllata.
Le attività italiane rimarranno in capo a Egp, mentre le partecipazioni estere in capo all’olandese Egp International verranno assegnate a Enel. L’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha escluso che ci possa essere un’offerta pubblica di acquisto su Egp.
Il diritto di recesso potrà essere esercitato per un valore di liquidazione unitario dell’azione Egp pari a 1,78 euro. Le assemblee straordinarie sono convocate l’11 gennaio 2016 per l’approvazione dell’operazione. Il perfezionamento è previsto entro il primo trimestre del 2016 ed è subordinato anche alla circostanza per cui complessivamente non vengano consegnate azioni Egp per un importo inferiore a 300 milioni. Dopo l’integrazione la quota del Ministero dell’Economia e delle Finanze in Enel, di cui è il maggior azionista, scenderà al 23,569% dall’attuale 25,5 per cento.

Le motivazioni sottostanti all’operazione sono diverse. In primo luogo, lo sfruttamento di sinergie commerciali e finanziarie nei paesi in cui sono presenti entrambe le società (soprattutto Italia, Penisola Iberica, Cile e Brasile); Starace, inoltre, ha guidato Egp per quattro anni e ne conosce meglio di altri le potenzialità. In secondo luogo, portare tutti gli utili nella capogruppo. Infine, il settore energetico sta attraversando profondi cambiamenti dovuti all’evoluzione tecnologica e il mutato ruolo del cliente, che rendono più pressante l’esigenza di integrazione tra fonti rinnovabili e tradizionali. Tali mutamenti stanno facendo emergere nuove opportunità di business che le utility potranno cogliere solo se si porranno quali operatori globali e integrati nel sistema elettrico. In questo nuovo scenario il gruppo risulta già essere ben posizionato.
Riteniamo, infine, che tra le motivazioni più forti alla base dell’integrazione può essere indicata la previsione, contenuta nell’aggiornamento di stamattina del piano industriale 2016-2019 di Enel, di portare gli investimenti destinati allo sviluppo nelle energie rinnovabili sopra il 50% dei nuovi investimenti. Previsto, in particolare, un aumento del 30% degli investimenti in Italia, dove l’installazione dei contatori elettronici di seconda generazione sarà anticipata e si prevede che produca equi ritorni da attività regolate. Il peso di Egp sul giro d’affari totale di Enel è dunque destinato ad aumentare (al 30 settembre il segmento delle energie rinnovabili ha generato il 12,1% dell’Ebitda totale).
Nel frattempo, entrambi i titoli sono molto deboli a piazza Affari: Egp cede il 3,5% ed Enel è in rosso per il 3,3%, contro un Ftse Mib a -1 per cento.