Fra le tante cose per cui verrà ricordato il 2016 vi è certamente la forte volatilità del petrolio che ha visto il brent ed il wti passare dai minimi a poco più di 25 dollari al barile alle attuali quotazioni pari a circa 55 dollari. Se a 25 dollari molta produzione non era ritenuta conveniente non si può certo affermare la stessa cosa a 50 dollari ed oltre. Infatti I rigs count americani sono saliti del 65% dai minimi, segno che molte produzioni di shale sono convenienti.
Mentre negli Usa si combatteva per mantenere in vita la produzione rendendola più adatta alle mutate condizioni di mercato con tagli consistenti dei costi, i paesi produttori di petrolio Opec e non si prodigavano per cercare un accordo ad un ipotetico taglio che potesse dare un segnale al mercato sull’intenzione di una forza coesa che limitasse il declino dei prezzi stabilizzando la produzione.
Al momento gli effetti sono stati quelli sperati, il prezzo è tornato ben oltre i minimi e con la maggior parte degli esperti che puntano ad una graduale ripresa, con un consensus che vuole il petrolio fra i 60 ed i 65 dollari al barile nel prossimo biennio.
Sarà possibile? In linea di principio si, ma sta di fatto che, con i rigs count in così forte ripresa, un ulteriore incremento dei prezzi porterebbe un aumento della produzione schiacciando nuovamente in basso le quotazioni. In sostanza i produttori tradizionali farebbero un favore ai produttori non tradizionali. Inoltre la volontà dichiarata dell’Arabia Saudita è quella di ridurre i consumi interni di petrolio spingendo sempre maggiormente su fonti rinnovabili come il solare. Infatti, il più grande esportatore mondiale di greggio brucia attualmente più petrolio di qualsiasi altro paese per generare elettricità. Secondo i più recenti dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, il regno consuma almeno 900.000 barili al giorno nei periodi di punta dell’anno per tenere le luci accese – un importo del valore di oltre 16 miliardi di dollari l’anno sulla base di prezzi spot di petrolio attuali.
L’integrazione di più energia solare nel paese Saudita potrebbe liberare più greggio per l’esportazione.
Il Regno aveva originariamente fissato un obiettivo di installare 41 gigawatt di energia pulita entro il 2040, l’equivalente di circa 30 reattori nucleari. Quella iniziativa è stata prevista costare più di 100 miliardi di dollari con la produzione di un terzo di energia elettrica della nazione dal solare. I nuovi piani, rivisti al ribasso ed annunciati nel mese di aprile, hanno cambiato il programma a 9,5 gigawatt entro il 2030, ma l’intenzione è ancora di raggiungere l’obiettivo originale, secondo il Padmanathan di ACWA.