In occasione del salone dell’auto di Detroit Toyota ha annunciato che investirà 10 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi cinque anni. La notizia arriva a pochi giorni dall’attacco di Donald Trump alla casa giapponese, colpevole di produrre in Messico modelli destinati al mercato americano.
Le minacce del tycoon newyorchese sull’imposizione di alti dazi sembrano dunque cominciare a condizionare le decisioni della case automobilistiche. Prima di Toyota, infatti, Ford aveva annunciato di aver cancellato 1,6 miliardi di investimenti in Messico, dirottando le risorse per l’ampliamento dell’impianto di Flat Rock in Michigan.
Decisione cui è seguita quella di Fca che investirà un miliardo di dollari in Usa, anche se Marchionne ha specificato che l’annuncio rappresenta la seconda fase di un piano di industrializzazione comunicato nel gennaio 2016 e che quindi non è dovuto ai tweet di Trump.
Mary Barra, invece, numero uno di General Motors, non si piega alle minacce del neo presidente americano, affermando che il gruppo non ha in programma di trasferire la produzione di auto di piccole dimensioni attualmente localizzata in Messico.
La Barra infatti ha sottolineato che questo tipo di decisioni vengono prese con largo anticipo rispetto all’inizio delle attività e che quindi non possono essere facilmente modificate.
In ogni caso, sebbene sia ancora presto per giudicare l’impatto delle possibili politiche protezionistiche di Trump, le case automobilistiche sembrano voler cautelarsi e giocare d’anticipo. L’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne ha dichiarato che l’imposizione di dazi potrebbe causare delle difficoltà, portando anche alla chiusura degli impianti in Messico.
Appare comunque chiara l’intenzione del neo presidente di sostenere l’automotive negli Stati Uniti, settore chiave per l’economia, contrastando così il potenziale calo fisiologico della domanda nel paese, reduce da sei anni di crescita ininterrotta.
Notizie positive per Fca, che in Usa vuole continuare a puntare su modelli ad alta redditività come Jeep, la cui importanza strategica è confermata dal sopra citato investimento. Strategia apprezzata anche dagli analisti, che vedono di buon occhio anche la possibilità di un accordo con un altro grande costruttore, in primis General Motors.
L’opzione di M&A, infatti, è quella che potrebbe creare maggior valore soprattutto dal punto di vista della diminuzione del debito, dato che in molti restano scettici sulla possibilità di raggiungere l’obiettivo di cassa senza la cessione di asset.
Ma non solo. Il mercato ha apprezzato anche le dichiarazioni di Marchionne che, oltre ad aver confermato gli ambiziosi target al 2018 inseriti nel piano industriale, ha aperto alla possibilità di anticipare il dividendo già nel 2017, rafforzando così l’idea che il gruppo è fiducioso sul proprio piano di riduzione dell’indebitamento.
Il titolo a Piazza Affari ha così iniziato il 2017 con un progresso di circa il 17%, proseguendo il trend rialzista degli ultimi mesi dello scorso anno. Dalla pubblicazione della trimestrale lo scorso 25 ottobre, infatti, le azioni del gruppo italo americano hanno guadagnato oltre il 70%, sovraperformando il Ftse Mib di poco meno del 60 per cento.