Atlantia avrebbe fissato per la fine di febbraio il termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti per il 15% di Autostrade per l’Italia (Aspi). A riportarlo sono fonti di stampa, che sottolineano come la quota effettivamente ceduta potrebbe risultare inferiore alla partecipazione messa in vendita, complici l’incerto quadro istituzionale italiano e la competizione a livello internazionale, con numerosi asset infrastrutturali sul mercato.
Da considerare poi che la cessione di Aspi non è determinata da una necessità urgente di realizzare cassa, ma è prodromica all’espansione internazionale. Il gruppo, che fa capo a Edizione Holding della famiglia Benetton, punta infatti a raccogliere almeno 2,2-2,3 miliardi da reinvestire in attività all’estero, per incrementare al 50% del totale l’Ebitda realizzato oltre i confini nazionali entro il 2020.
Tra i possibili candidati per l’acquisizione di Aspi circolano sempre gli stessi nomi, tra i quali fondi pensione di matrice assicurativa come Allianz, grandi fondi infrastrutturali e investitori dell’area canadese come il Canada Pension Plan e Caisse de Depot & Placement du Quebec, oltreché fondi sovrani asiatici e del Medio Oriente, tra i quali Gingko Tree Investment e Wren House Infrastructure Management (controllata dalla Kuwait Investment Authority).
Il trait d’union che caratterizza questi soggetti è la volontà di realizzare un investimento finanziario altamente redditizio, entrando in un business che garantisce rendimenti sicuri grazie alle tariffe regolate e facendo affidamento sulla comprovata efficacia della gestione operativa di Atlantia, in grado di assicurare negli ultimi 15 anni un total return per gli azionisti pari al 12 per cento.
Da considerare inoltre che Atlantia ha un obiettivo di crescita annua dei dividendi pari al 10% nei prossimi 3 anni e nel caso di Aspi il rendimento garantito agli azionisti dovrebbe mantenersi stabilmente oltre il 5 per cento.