Generali ha acquistato diritti di voto su un pacchetto di 505 milioni di azioni di IntesaSanpaolo, quota che rappresenta il 3,01% del capitale della banca. L’operazione è stata studiata dopo che lo scorso fine settimana la compagnia di Trieste è stata oggetto di voci che la vorrebbero oggetto di mire incrociate sia da parte del colosso assicurativo francese Axa sia da parte della banca italiana guidata da Carlo Messina. Con questa mossa la compagnia guidata Philippe Donnet frena già in partenza una possibile scalata per la normativa sulle partecipazioni incrociate.
Generali ha acquisito i diritti di voto su 505 milioni di azioni di IntesaSanpaolo pari al 3,01% del capitale sociale, tramite un’operazione di prestito titoli. L’operazione dovrebbe aver comportato un investimento complessivo pari a circa 1,21 miliardi.
La mossa strategica rappresenta una reazione alle voci del fine della settimana, che indicavano un interesse da parte della banca guidata da Carlo Messina per le Generali, nelle quali l’istituto avrebbe potuto investire un una cifra compresa tra i 5 e i 6 miliardi, arrivando a detenere una quota poco inferiore al 25%. Uno scenario che da molti analisti era stato archiviato come fantafinanza e considerato poco realistico per le dimensioni dell’operazione e per la complessità dell’operazione di creazione di un gruppo finanziario così articolato. L’intervento di Generali, al contrario, dà consistenza a queste voci.
Con questa iniziativa Generali blocca alla radice un eventuale tentativo di scalata da parte di IntesaSanpaolo. Questo in quanto, qualora IntesaSanpaolo a sua volta dovesse superare il limite del 3%, scatterebbe la normativa sulle partecipazioni incrociate prevista dal Testo unico della finanza che stabilisce che chi ha superato per secondo il limite del 3% veda sterilizzati i propri diritti di voto oltre tale soglia e debba cedere entro 12 mesi la quota eccedente. Qualora i titoli in più non fossero venduti entro il termine stabilito, i diritti di voto verrebbero congelati sull’intera quota.
Per sbloccare una situazione del genere, secondo quanto stabilito dalla normativa, IntesaSanpaolo dovrebbe lanciare un’offerta pubblica di acquisto su almeno il 60% della compagnia triestina.