Si alza la tensione sulla partita Generali. Ieri Carlo Messina, Ad di Intesa, fatto riferimento a chi dichiara di difendere l’italianità parlando francese, sostenendo la propria strategia di crescita, anche per vie esterne, ma non a tutti i costi. Solo creando valore per gli azionisti.
Dopo aver tentato un timido recupero in apertura, i titoli Intesa sono tornati in leggera flessione a Piazza Affari. Le azioni della banca guidata da Carlo Messina segnano alle 10:20 un calo dello 0,71% al prezzo di 2,23 euro, contro un calo dell’1,58% dell’indice del settore bancario.
Ieri Messina è uscito allo scoperto parlando per la prima volta esplicitamente della strategia di espansione della banca, in occasione dei festeggiamenti per il decennale della creazione di Banca IntesaSanpaolo.
«Non siamo dei corsari, noi agiamo in modo trasparente. Mi fa ridere che quando si parla di difesa dell’italianità, lo si faccia in francese. Quando parlo dell’Italia io lo faccio in italiano», ha affermato il numero uno della banca italiana, con evidente riferimento alle parole del concorrente Jean Pierre Mustier, che si era dichiarato a favore della difesa dell’italianità di Generali.
Parole che denotano il calore dello scontro, dopo che, secondo rumor finanziari, proprio Mustier avrebbe espresso, nel corso di colloqui informali, un parere decisamente contrario all’ipotesi di un matrimonio tra Generali e Intesa.
Alle indiscrezioni sul pensiero del manager francese, si aggiunge la presa di posizione ufficiale del vice-presidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, che ha escluso con decisione la possibilità che Unicredit ceda la propria partecipazione in Mediobanca a Intesa. “Lo ha già detto il nostro Ad, che è persona seria, e io lo ripeto: noi non vendiamo la quota in Mediobanca”, ha ribadito ieri Palenzona chiudendo di fatto la porta all’ipotesi che Intesa possa rilevare la quota di Unicredit in Mediobanca, per tentare la scalata delle Generali attraverso la conquista di Piazzetta Cuccia, azionista di riferimento del gruppo di Trieste con una quota del 13 per cento.
Bisognerà vedere, tuttavia, se questa posizione possa essere sostenuta dai manager di piazza Gae Aulenti nei confronti dei propri azionisti a cui si stanno chiedendo 13 miliardi di aumento di capitale. Ci si può domandare, infatti, perché rifiutare a priori l’ipotesi di un’offerta sulla propria partecipazione in Mediobanca, che alle attuali quotazioni di Borsa vale circa 650 milioni di euro, dopo che, per far cassa, Unicredit ha ceduto la partecipazione nella Banca Pekao e soprattutto ha venduto la società di asset management Pioneer, proprio ai francesi di Amundi, preferendo la loro offerta a quella tricolore di Poste.
In ogni caso Messina va dritto per la sua strada, forte dell’appoggio dei suoi azionisti. «È sensata la possibilità di crescere anche all’interno del mondo delle assicurazioni purché lo sviluppo sia collegato con la capacità di creare risultati con le reti. È infatti la distribuzione che crea valore», ha dichiarato Messina, precisando però che la crescita di per sé non ha alcuna rilevanza se non è accompagnata alla creazione di valore. Che nel caso dell’operazione Generali, significa non pagare un prezzo eccessivo, non generare una riduzione del livello di solidità patrimoniale e non assorbire tutte le risorse che si vogliono destinare alla remunerazione dei soci tramite dividendi.