Rischio bail-in. Due parole magiche che fanno tremare i polsi al mercato, anche se spesso senza motivazione. L’andamento del titolo Unicredit nella seduta di ieri, che ha lasciato sul terreno il 5,4% toccando i 26,2 euro, è stato influenzato dal contenuto del documento di registrazione dell’aumento di capitale pubblicato ieri, che snocciola tutta una serie di rischi che l’investitore deve considerare prima di procedere alla sottoscrizione delle azioni.
E tra questi viene menzionato anche il bail-in, la nuova procedura di risoluzione delle banche introdotta dal 1° gennaio 2016 dalla BRRD. Inoltre, il cda delle banca guidata da Jean Pierre Mustier, che ha esaminato ieri i conti preliminari per il 2016, ha deciso di fare una pulizia radicale dei conti, aumentando le svalutazioni previste di circa un miliardo di euro per stralciare buona parte dell’investimento in Atlante, più alcune altre voci minori, e portando quindi le rettifiche a poco più di 13 miliardi di euro. Una cifra che assorbe tutto il denaro richiesto al mercato con l’aumento di capitale e porta la perdita prevista per il 2016 a 11,8 miliardi di euro.
Notizie sostanzialmente già conosciute dagli operatori, ma che hanno incrementato la volatilità e la pressione sul titolo. Reazioni sostanzialmente inevitabili nell’imminenza di un aumento di capitale di dimensioni così consistenti come quello di Unicredit.
Così oggi alle 9:50 le azioni del gruppo recuperano l’1% al prezzo di 26,4 euro, contro un indice Ftse Italia Banche che fa +0,26%, dopo avere aperto in calo del 2,14%.
In realtà, anche se nessuno ha la sfera di cristallo per escludere anche le più improbabili evenienze, molte delle incognite elencate ieri dalla banca di piazza Gae Aulenti sono per lo più rischi teorici dati dal fatto che contabilmente le svalutazioni vengono imputate al quarto trimestre 2016, mentre l’aumento di capitale sarà realizzato nei primi mesi del 2017. Questo vuoto temporale, che pone la banca sul ciglio del baratro da fine dicembre alla conclusione dell’aumento, è destinato a chiudersi a brevissimo, visto che la banca si appresta ad accelerare i tempi dell’operazione che dovrebbe partire già lunedì prossimo, 6 febbraio, per chiudersi tre settimane dopo, il 24 febbraio.
E’ vero che in questi 21 giorni le sorti dell’istituto sono legate al responso del mercato, ma l’esito è meno incerto di quanto potrebbe apparire visto che l’istituto dispone di una serie di azionisti che hanno già dato la loro disponibilità a partecipare alla ricapitalizzazione, in misura corrispondente o leggermente inferiore alla propria quota. Inoltre, il management sta raccogliendo consensi tra i grandi investitori istituzionali di tutto il mondo che da diverse settimane il top management sta incontrando per spiegare la propria strategia.
COMMENTO
La banca ha annunciato rettifiche superiori di un miliardo rispetto a quanto dichiarato finora al mercato. Dato che porta a una perdita per il 2016 maggiore rispetto alle attese del mercato.
Secondo i dati estratti da Bloomberg ieri, prima dell’annuncio dei risultati, gli analisti stimavano una perdita nel quarto trimestre pari a 10,4 miliardi di euro, dato ben inferiore al rosso di 11,8 miliardi per tutto il 2016 annunciato ieri.
Tuttavia la banca ha ribadito i target per il 2019, che prevedono un Cet1 superiore al 12,5 per cento, e ha sottolineato come le nuove rettifiche non cambino gli obiettivi del piano. L’equity story legata alla ristrutturazione e al rilancio della principale banca italiana e ben radicata in tutta Europa resta confermata.

























