I conti di Banco Popolare sono stati condizionati dall’incremento delle coperture sui crediti imposto dalla Bce per dare il via libera alla fusione con la Bpm, rettifiche che hanno richiesto l’aumento di capitale da un miliardo di euro che si è chiuso nel mese di giugno scorso e che hanno spinto i conti in rosso. Per la banca scaligera si tratta dell’ultimo bilancio archiviato su base stand alone, dal 1° gennaio 2017, infatti, è operativa la fusione con la Banca Popolare di Milano.
L’istituto guidato da Pierfrancesco Saviotti ha archiviato il quarto trimestre 2016 con una perdita di 967,6 milioni di euro, dopo 872,4 milioni di euro di rettifiche sui crediti. Banco Popolare e Banca Popolare di Milano hanno presentato per il 2016 due conti economici separati che sono stati approvati dal nuovo consiglio di amministrazione di Banco Bpm poiché la fusione ha avuto efficacia dal 1° gennaio 2017 e i due istituti lo scorso anno erano due entità giuridiche differenti.
Ma esaminiamo l’andamento del conto economico negli ultimi tre mesi dell’anno, riportato nella tabella seguente.
Nel quarto trimestre 2016 Banco Popolare ha registrato un margine di intermediazione pari a 747,1 milioni di euro, in calo del 29,2% rispetto ai 1.055,1 milioni del quarto trimestre 2015. Bisogna tuttavia evidenziare che i ricavi del 2015 avevano beneficiato di plusvalenze legate alla cessione delle quote partecipative in Icbpi ed Arca Sgr per un importo complessivo di 241,2 milioni, escluse le quali la contrazione risulterebbe pari all’8 per cento.
Negli ultimi tre mesi dello scorso anno il margine di interesse ha sofferto particolarmente, registrando un calo del 17,8% a 303,2 milioni di euro anche per la forte pressione competitiva sul pricing degli impieghi stessi, nonché per il calo della redditività del portafoglio titoli. In aumento, invece, le commissioni, cresciute dell’8% a 367,9 milioni di euro.
Il totale dei costi operativi si è attestato a 818,2 milioni di euro (+0,6% a/a), importo tale da comportare un risultato lordo di gestione negativo per 71,1 milioni. In particolare, le spese per il personale sono risultate in aumento del 19,8% a 507,1 milioni, soprattutto per il contributo al fondo esuberi di categoria, sulla base all’accordo raggiunto il 23 dicembre 2016. Senza questa componente la voce sarebbe risultata in calo anche per la riduzione dei dipendenti, che negli ultimi tre mesi sono diminuiti di 276 unità rispetto al mese di settembre.
Il controllo dei costi ha portato a un calo degli altri costi operativi pari al 20,3% a 311 milioni di euro.
Le rettifiche sui crediti sono più che triplicate a 872,4 milioni nel periodo in esame, per la richiesta da parte della Bce di innalzare le coperture sui crediti deteriorati.
Il risultato netto di gestione risulta così negativo per 943,5.
I conti beneficiano poi di 251,6 milioni di imposte che assorbono quasi totalmente le svalutazioni, pari a 275 milioni di euro, che includono la rettifica del valore dell’avviamento per la CGU Investment Banking & Asset Management per un controvalore pari a 279 milioni. Tra le svalutazioni è stato svalutato anche il valore della quota nel Fondo Atlante per 19,7 milioni ed in C.R. Cesena per 3,4 milioni.
Il risultato finale è quindi una perdita pari a 967,6 milioni di euro.