Tra una decina di giorni Alitalia dovrà presentare il nuovo piano industriale ad azionisti, governo e sindacati, che prevede per le destinazioni di corto-raggio la creazione di una compagnia low-cost. Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera il vettore dovrebbe avviare una rivoluzione tariffaria attraverso tre fasce di prezzo: basic, standard e premium; un modello che ricalca quello dell’irlandese Aer Lingus.
In sostanza, la tariffa basica comprenderebbe solo ed esclusivamente i servizi di volo, con marginalità molto ridotta. La tariffa standard prevede invece un ricarico notevole sulle ancillary a pagamento. Da qui il management spera di ricavare 150 milioni annui, raddoppiando i ricavi da ancillary dagli attuali 6 euro per passeggero. Il target premium invece è quello ‘all inclusive’.
Un altro importante punto collegato alla rivoluzione tariffaria è quello della revisione dei costi. Stando alle cifre riportate dal quotidiano, Alitalia ha riportato costi industriali per circa 3,6 miliardi nel 2015, di cui la spesa per i 12 mila dipendenti è stata di 593 milioni.
Oltre al costo del personale, una delle voci più significative sembra essere quella legata ai servizi erogati da terzi, in particolare leasing e noleggi degli aeromobili, che oggi incidono per 559 milioni, dai quali la compagnia prevede di risparmiare 250 milioni.
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Tale situazione potrebbe, in qualche modo, avere un impatto su Aeroporti di Roma, controllata al 96% da Atlantia, in quanto Alitalia genera il 35-38% del traffico dell’aeroporto di Fiumicino.
La compagnia aerea è anche uno dei principali clienti di Enav, i cui ricavi sono però legati alle tariffe incluse nel piano quinquennale al 2019 e sono influenzati dal balance. Tale meccanismo la rende immune da eventuali cambiamenti tariffari, in quanto prevede il recupero o la restituzione ai vettori degli effetti derivanti dallo scostamento tra il traffico aereo previsto nel piano tariffario e il traffico effettivo.