Tra due anni e mezzo, nel 2020, entrerà in vigore il nuovo regolamento IMO che regolerà la quantità di emissioni di zolfo dei motori delle navi. Questo porterà benefici in termini di inquinamento ambientali ma costi per 60 miliardi per il settore.
Secondo la società di consulenza Wood Mackenzie questa è la cifra che i player del settore dello shipping saranno costretti a spendere in più ogni anno per il carburante di qualità superiore e conformarsi quindi alle nuove norme sulle emissioni, che partono dal 2020. Un onere importante per un settore che si occupa del trasporto praticamente di qualsiasi cosa, dal petrolio e prodotti raffinati, all’acciaio al carbone e che vedrà i costi fissi salire, mentre la crisi che ha colpito il mercato di riferimento ha abbattuto gli utili delle società anche del 70% rispetto al periodo precedente la recessione del 2008-2009.
Le possibilità di conformarsi alla nuova normativa per i player dello shipping sono due: acquisire navi con motori di nuova tecnologia e a norma, oppure comprare combustibili a ridotto impatto ambientale. Quest’ultima possibilità sembra essere quella più gettonata. Il problema sembrerebbe però che, ad oggi, le raffinerie non sarebbero in grado di rifornire, con la nuova tipologia di carburante, le 90.000 navi che compongono la flotta globale, cosa che potrebbe generare un caos enorme con l’impossibilità delle navi a consegnare le proprie merci. Le raffinerie infatti dovrebbero spostare tra 2,5 e 4 milioni di barili di produzione al giorno in un prodotto differente.
Quello che le società di consulenza riportano è che ne le raffinerie, ne gli operatori si stanno muovendo abbastanza per poter raggiungere i target richiesti entro il 2020. Nessuno delle due parti in gioco intente sostenere gli investimenti necessari per realizzare quanto necessario. Per intenderci, secondo l’AIE solo il 2,2% della flotta globale adeguerà i motori.