Usa, il mercato del lavoro è in “piena occupazione”

Tasso di disoccupazione al 4,4% e oltre duecentomila nuovi occupati nel mese di aprile evidenziano una situazione occupazionale piuttosto florida, anche se non mancano alcune preoccupazioni ben note alla Federal Reserve.

In generale, gli ultimi dati pubblicati dal BLS – il Bureau of Labour Statistics – confermano un trend discendente del tasso di disoccupazione, in calo dal 10% del 2009 ad oltre la metà di inizio 2017.

In questo contesto positivo la principale nota stonata riguarda la qualità dei nuovi lavori. Gran parte dei milioni di assunzioni registrate negli ultimi sette anni si sono incanalate, infatti, in attività a basso reddito o addirittura al minimo salariale ed in particolare nella ristorazione (baristi e camerieri), nella sanità (infermieri) e nell’istruzione (insegnanti), a scapito dei nuovi occupati nel settore manifatturiero e minerario, in calo per anni ed in modesta crescita solo negli ultimi mesi.

Un altro lieve segnale di debolezza o di poca trazione del mercato del lavoro statunitense è rappresentato dall’incremento del costo salariale orario che anche ad aprile è salito di pochi decimi di punto percentuali (+0,3%), ancora al di sotto delle aspettative, e si attesta al +2,5% su base annua. Le conseguenze sono un contenuto aumento delle pressioni inflazionistiche, elemento non gradito dalla Banca Centrale, e stipendi che non consentono di mantenere un elevato livello di spesa personale, il vero motore dell’economia a stelle e strisce.

Anche l’U6, il vero tasso di disoccupazione che include anche i lavoratori usciti dalle liste di disoccupazione in quanto scoraggiati e quelli impiegati part time per necessità e non per volontà, scende al 8,6% livello raggiunto nel lontano 2007, mentre il tasso di partecipazione della forza lavoro rimane ai minimi degli ultimi quarant’anni con quasi 95 milioni di cittadini che non sono occupati, includendo anche pensionati e giovani ancora non in età lavorativa.

Gli Stati Uniti potrebbero pertanto essere definiti un Paese in piena occupazione avendo realizzato un percorso virtuoso che gli ha portati al dimezzamento del tasso di disoccupazione negli ultimi otto anni. Tuttavia, l’impiego della tecnologia e la deflazione salariare non consentono di celebrare la vittoria annunciata dai numeri, ben sapendo che la qualità dei redditi è la più modesta rispetto alle precedenti fasi di espansione postrecessive.

Di conseguenza, la strada per la normalizzazione del mercato del lavoro pur essendo in discesa è ancora tortuosa e rimane una spina nel fianco per la Federal Reserve. La Banca Centrale è costretta infatti a proseguire nel processo di rialzo dei tassi pur consapevole di questa debolezza strutturale che pervade l’economia americana da ormai quasi un decennio.

I 79 mesi di rialzo consecutivo degli occupati mensili non sono infatti sufficienti a garantire sonni tranquilli alla Yellen, anche nei prossimi mesi.