Apertura in rosso a Piazza Affari per le azioni del gruppo italo americano, che dopo pochi minuti di scambi arretrano del 3,1% rispetto al -0,4% del Ftse Mib in scia all’azione legale avviata dagli Usa ieri sera.
Gli Stati Uniti hanno fatto ufficialmente causa al gruppo guidato da Sergio Marchionne per aver violato le leggi sulle emissioni. La notizia è arrivata ieri in serata, facendo scivolare il titolo a Wall Street di oltre il 4 per cento.
Il Dipartimento di giustizia, per conto dell’Epa, ha infatti depositato una denuncia in un tribunale federale ai danni della divisione americana del gruppo, accusandola di aver equipaggiato circa 104 mila veicoli diesel con software per manipolare il livello di emissioni.
Si tratta dei cosiddetti defeat device usati volutamente da Volkswagen, della cui esistenza non furono avvisati i regolatori durante tutto l’iter delle certificazioni e che consentono ai sistemi di controllo delle emissioni dei veicoli Fca di funzionare diversamente durante certe condizioni di guida normali rispetto ai test federali.
Pronta la risposta della casa di Detroit, che si è detta contrariata della decisione di avviare un’azione legale contro l’azienda. Come già dichiarato la scorsa settimana, Fca ha ribadito “che intende difendersi con forza, in particolare contro eventuali accuse che la Società abbia deliberatamente tramato per installare impianti di manipolazione per aggirare i test sulle emissioni negli Stati Uniti”.
Commento:
Notizia sicuramente negativa per Fca, che potrebbe nel breve termine mettere sotto pressione le quotazioni delle azioni del gruppo. La causa inoltre arriva una settimana dopo che il gruppo aveva depositato formalmente presso le autorità competenti la richiesta di certificazione delle emissioni diesel per i modelli 2017 di Jeep Grand Cherokee e Ram 1500, in una mossa che sembrava poter portare ad una soluzione pacifica della vicenda.
L’intenzione di Fca è quella, previa approvazione da parte dell’Epa e del Carb, di installare tali software anche sui modelli finiti nel mirino delle autorità lo scorso gennaio.
La questione appare comunque diversa dallo scandalo che aveva travolto Volkswagen nel settembre 2015. In primo luogo perché la casa tedesca ha ammesso di aver deliberatamente montato dei defeat device sui propri veicoli, mentre Fca ha sempre respinto al mittente tale accusa.
In secondo luogo perché il numero di veicoli coinvolti è nettamente inferiore, 104 mila rispetto agli 11 milioni di Volkswagen, e l’azione del Dipartimento di giustizia è di tipo civile. La sanzione che il gruppo italo americano potrebbe dover pagare si aggira secondo le stime intorno ai 4,6 miliardi, cifra comunque già inclusa nelle valutazioni degli analisti.
La vicenda continuerà a pesare sulle quotazioni, la cifra potrebbe rivelarsi nettamente inferiore alle stime attuali, ma è probabile che l’incertezza in una situazione di mancanza di altri catalyst prevarrà nel breve periodo.