Le due banche al vertice del sistema in Italia hanno acceso i riflettori sulla loro capacità di stupire i mercati ed ora sono pronte a confrontarsi per conquistare la leadeship. Una sfida con effetti dirompenti sugli altri competitor, in quanto tutti dovranno dimostrare con i fatti la capacità di creare delle vere eccellenze per poter accompagnare il Paese al di fuori delle secche.
Si profila una sfida interessante a Piazza Affari tra Banca Intesa e Unicredit, le due banche al vertice del sistema in Italia. Due istituti che dovranno confrontarsi per la leadership in termini di efficienza e capacità di attrarre le preferenze degli investitori. Un confronto che potrebbe portare a benefici per l’intero sistema bancario italiano, tracciando un solco di idee e best practice che potranno trainare anche il resto dei concorrenti e svegliare gli operatori più sonnolenti.
L’occasione potrebbe essere la predisposizione del nuovo piano industriale di Banca Intesa che, secondo alcune anticipazioni raccolte dal Financial Times, dovrebbe essere piuttosto aggressivo. Sembra difficile per una banca abituata ad essere la prima della classe in Italia fare ancor meglio quanto ad efficienza e redditività. Eppure Carlo Messina, Ad di Intesa, si appresterebbe a varare un piano industriale forte, che possa proiettare la banca da lui guidata in una nuova fase dal punto di vista del business e dell’organizzazione. E che la riporti al centro della scena presso gli investitori, dopo che negli ultimi mesi la leadership le è stata parzialmente rubata da Unicredit grazie al grande successo della ricapitalizzazione da 13 miliardi. Un gap su cui ha inciso pure lo scenario di incertezze emerso in occasione dello studio sulla possibile offerta su Generali, poi declinata.
Tra le due principali banche italiane si apre quindi una “guerra” per la leadership con Unicredit che, grazie alle capacità del nuovo Ad Jean Pierre Mustier, è riuscita a smarcarsi dalla situazione di strutturale debolezza che la ingessava da anni, e Intesa, che ora deve rilanciare essendo nella posizione migliore per poter sfruttare il proprio vantaggio competitivo. Ma che forse senza il pungolo della concorrente non avrebbe pigiato l’acceleratore nella stessa misura.
Il drastico e doloroso piano di riduzione dei crediti deteriorati accompagnato da un aumento di capitale da 13 miliardi messo a punto da Mustier è stato apprezzato dal mercato e ha determinato una riallocazione del portafoglio a favore di Unicredit, con quest’ultimo titolo che ha fatto in Borsa l’80% contro il 30% di Intesa nell’analogo periodo, dall’arrivo del manager francese a luglio. Tuttavia, ora la banca di piazza Gae Aulenti deve riuscire realizzare le azioni che ha promesso e quindi raggiungere i target prefissati nel piano. E questo anche perché è doveroso ricordare che negli ultimi dieci anni Unicredit ha richiesto al mercato poco meno di 30 miliardi di risorse finanziarie, mentre ciò non è accaduto per Intesa, che non ha chiesto un euro ai suoi soci.
Tornando al piano di Intesa, secondo le anticipazioni raccolte dal Ft, esso si basa su un drastico taglio dei costi e sulla crescita dei ricavi da commissioni per fronteggiare la strutturale debolezza del margine di intermediazione in una fase storica di bassi tassi di interesse. Messina intende ripensare totalmente la rete distributiva dell’istituto, attualmente basata su 3.000 sportelli. L’idea sarebbe quella di tagliarli di un terzo, contando anche sul recente acquisto della Itb, la banca dei tabaccai, che potrebbe permettere di fornire alcuni servizi di operatività quotidiana ai propri clienti tramite i propri 20.000 punti vendita.
Il taglio agli sportelli sarebbe finalizzato a portare il cost/income ratio dall’attuale 48,8% al 45%, livello record anche in Europa.
Sul fronte dei ricavi, Intesa ha già indicato di voler aumentare la propria presenza nel settore assicurativo, proseguendo anche la propria crescita nell’asset management dove punterebbe ad incrementare le masse di altri 100 miliardi. Nel complesso, il peso delle commissioni sul margine di intermediazione dovrebbe superare il 50% dall’attuale 44 per cento.
Inoltre, proseguirà la strategia del miglioramento della qualità dell’attivo con i crediti deteriorati che dovrebbero scendere di un terzo, grazie a un lavoro interno di recupero e ad alcune selettive dismissioni. Tra queste vi è la dismissione di 2,5 miliardi di Npl a un pool di investitori guidato da Christofferson Robb, la cui finalizzazione è attesa a giorni. La banca ha già indicato il target di riportare il peso dei deteriorati per il 2019 a livello pre-crisi, cioè dall’attuale 14,4% al 10,5 per cento.