Tre dei consiglieri che hanno votato contro la sfiducia all’amministratore delegato di Carige, Guido Bastianini, hanno rassegnato ieri le dimissioni in dissenso con l’attuale gestione.
Si tratta di Claudio Calabi, presidente del comitato esecutivo, di Alberto Mocchi, membro del comitato rischi, e di Maurizia Squinzi, presidente del comitato rischi e membro del comitato remunerazione. In una nota hanno motivato la propria decisione “alla luce della mancata condivisione delle motivazioni e delle modalità che hanno condotto il consiglio di amministrazione ad approvare la sfiducia all’amministratore delegato”.
Nonostante la tranquillità mostrata ieri dal presidente Giuseppe Tesauro, che ha detto che nel giro di pochi giorni si arriverà alla nomina di un nuovo amministratore delegato, la situazione resta delicata. La Bce ha posto la scadenza del 23 giugno per presentare il piano definitivo sulla riduzione delle sofferenze. Un tema che resta il cuore del riassetto dell’istituto genovese.
Lo schema imbastito da Bastianini prevedeva, dopo la cartolarizzazione già approvata di 940 milioni di npl, la scissione di un pacchetto pari a 2,4 miliardi di sofferenze e nel contempo un aumento di capitale da 450 milioni. Ma sui dettagli di questa manovra si è consumato lo scontro tra l’Ad e il principale azionista, Vittorio Malacalza.
A questo punto bisognerà vedere per quale soluzione si opterà, pur rimanendo invariato l’obiettivo di un taglio dei crediti deteriorati, per rispettare gli obiettivi posti dalla Bce che per il 2017 indica pone un tetto di 5,5 miliardi per gli npl, da portare a 4,6 mel 2018 e a 3,7 nel 2019, con un coverage ratio del 42 percento. Al 31 marzo, il totale delle sofferenze era pari a 3,8 miliardi per un insieme di crediti deteriorati pari a 7,3 miliardi.