Nel secondo trimestre 2017 i conti di Carige hanno risentito di alcune operazioni poste in essere per il rilancio e in particolare per ridurre l’esposizione negli npl, dopo la cessione del portafoglio da 938,6 milioni. Operazione che ha determinato minusvalenze per 66 milioni, determinando una perdita di 113,8 milioni. Riguardo all’attività core, il margine di intermediazione ha registrato un calo del 22,6% a 139 milioni, risentendo del calo evidenziato da tutte le sue componenti. In significativa diminuzione, invece, le rettifiche su crediti (-35,8% a 142,6 milioni), anche alla luce della già citata dismissione di npl.
Risultati a luci e ombre quelli di Carige nel secondo trimestre 2017. La banca ligure è alle prese con il piano di rilancio che prevede il rafforzamento patrimoniale da 700 milioni, di cui 200 milioni da reperire dalla dismissione di alcuni asset non core, il cui processo è già stato avviato.
Il neo Ad, Paolo Fiorentino, sta lavorando al nuovo piano industriale che sarà presentato a settembre, i cui principali punti riguardano il rafforzamento patrimoniale e la riduzione del portafoglio npl. In questa direzione di recente sono stati dismessi i primi 938,6 milioni di npl e un’ulteriore cessione pari a circa 1,2 miliardi è prevista entro fine anno. Il tutto senza tralasciare il miglioramento della redditività, con un occhio particolare sul fronte dei costi.
Passiamo ora all’esame dei conti, riportati nella tabella seguente.
Il margine di intermediazione si è attestato a 139 milioni (-22,6% rispetto al secondo trimestre 2016), per il negativo andamento di tutte le sue compenenti.
Nel dettaglio, il margine di interesse ha riportato un calo dell’11,3% a 68,1 milioni, condizionato dal deleveraging sugli impieghi e dall’attuale contesto di bassi tassi di interesse.
Le commissioni nette scendono a 60,9 milioni (-6,5%), al cui interno si evidenzia la crescita di quelle di gestione, grazie anche al buon andamento della raccolta netta del comparto gestito.
I profitti da trading sono pari a 3,2 milioni che si confrontano con i 29,8 milioni del pari periodo 2016, che avevano beneficiato della cessione di alcuni titoli classificati come “disponibili per la vendita”, nonché di proventi non ricorrenti per 5,7 milioni, legati alla dismissione delle partecipazioni in Visa Europe e CartaSi.
Le spese operative salgono a 139,6 milioni (+18,3%), sia per i maggiori costi per il personale (+20,3% a 73,6 milioni) sia per l’incremento degli altri costi operativi (+19,4% a 66 milioni). Questi ultimi includono oneri di sistema per 4,8 milioni, nulli nel secondo trimestre 2016.
Tali dinamiche portano a un risultato lordo in sostanziale pareggio (-0,6 milioni), rispetto ai 62,3 milioni di utile del periodo aprile-maggio 2016.
Buone indicazioni sul fronte delle rettifiche nette di su crediti, diminuite del 35,8% a 142,6 milioni, e comprensive di 66 milioni di minusvalenze generate dalla cessione del pacchetto di npl già citato, pari a 938,6 milioni.
Ne deriva pertanto un miglioramento del risultato netto di gestione, seppure ancora negativo per 143,2 milioni (-10,1%).
Il periodo in esame si chiude con una perdita netta in calo a 113,8 milioni (144,5 milioni dello stesso periodo del 2016), dopo aver svalutato il fondo Atlante per 7,2 milioni lordi e accantonato 14,4 milioni per le garanzie concesse nell’ambito della cessione delle controllate assicurative.
Al netto della citata minusvalenza (66 milioni), della svalutazione del fondo Atlante e degli accantonamenti, la perdita netta si sarebbe ridotta a 48,1 milioni.
Sul fronte della solidità patrimoniale, il Cet1 si attesta al 10,4%, superiore alla soglia minima Srep del 9% fissata dalla Bce.