Il titolo del colosso romano delle costruzioni oggi cresce del 1,6% in Borsa sovraperformando il mercato di oltre 1 punto percentuale e portandosi in area 6 euro. I prezzi dell’azione tornano ai livelli di maggio 2017. 254 mila i pezzi scambiati nel primo pomeriggio contro una media a 12 mesi di 451 mila.
A sostenere il titolo anche l’intervista del numero uno del gruppo alla stampa. Paolo Astaldi infatti ha confermato le strategie del gruppo. In primis l’importanza del derisking. Astaldi si muove ormai prediligendo mercati stabili come Europa, Usa, Cile, Canada, ma guarda con attenzione il Far East, mentre non lavora più con Paesi rischiosi come il Venezuela. Una scelta legata la fatto che questi mercati maturi effettueranno ingenti investimenti in infrastrutture nel breve e medio termine e garantiscono comunque un profilo di cash flow più efficiente, tale da permettere il raggiungimento dell’obiettivo di ottimizzazione del ciclo del capitale circolante per il Gruppo.
L’Italia rimane un mercato importante per il gruppo romano visto che circa il 20% delle sales sono generate nel Bel Paese. Il rischio però qui è l’incertezza, che è tanta: troppa burocrazia ed sostanziale assenza di una visione strategica nel paradosso del passaggio da un eccesso di opere all’estremo opposto. Purtroppo, sottolinea il numero uno del gruppo “le grandi concessioni sono all’estero”.
Nell’intervista si parla anche di dismissioni. Dopo quelle di M5 e di A4 holding, è partita anche la cessione del 33,3% del ponte turco ed ora, dice Paolo Astaldi, “venderemo anche la nostra quota nei quattro Ospedali Toscani ed entro il 2018 avremo incassato oltre 450 milioni rafforzando la nostra struttura finanziaria e dimezzando il debito nell’arco di piano”.
Per quanto riguarda gli Usa il presidente della società romana rimane convinto che nel nuovo continente Astaldi triplicherà il fatturato e questo anche perché “l’eccellenza italiana è riconosciuta ovunque”.
A domande su eventuali operazioni di aggregazione con peer, Paolo Astaldi si dice contrario. “noi – sottolinea il presidente del gruppo – preferiamo la formula della partnership. Ne abbiamo stretta una con la turca Ictas con cui abbiamo realizzato il terzo ponte sullo stretto del Bosforo. Il tutto in soli tre anni. Per noi le collaborazioni sono state la chiave per la crescita fin dal dopoguerra, quando il gruppo firmò la joint venture con l’imprenditore inglese John Sterling, tramite cui si rafforzò la nostra presenza in Africa.”