Prosegue il rialzo del petrolio che, nella giornata di ieri, ha visto il WTI rompere la resistenza dei 52 dollari (+3%). I corsi del future hanno così segnato una performance cumulata del 24,2% dal minimo Ytd a 42,05 dollari, segnato il 21 di giugno.
Dal minimo il Wti ha registrato un veloce movimento rialzista (linea verde) che ha consentito di invertire il trend negativo grazie alla rottura al rialzo della trend line ribassista ottenuta congiungendo i due massimi relativi del 25 maggio e 31 luglio (linea rossa nel grafico).
Il movimento è stato dettato da diverse ragioni. La revisione delle stime sulla domanda di alcuni enti ufficiali, oltre ché la maggiore consapevolezza dell’Opec che la manovra di estensione dei tagli alla produzione non è stata abbastanza incisiva. Importante anche la notizia che i maggiori produttori americani shale intenderanno ridurre gli investimenti in produzione oil.
Nella giornata di ieri ha influito anche l’indiscrezione su una eventuale chiusura da parte del presidente turco Erdogan del gasdotto usato per inviare petrolio alla Turchia ed altri mercati e che passa per un’area dell’Iraq a maggioranza kurda. Regione dove si è svolto ieri il referendum per l’autonomia. La minaccia ovviamente è un modo per aumentare la pressione sui curdi. Ankara infatti teme l’indipendenza di questa etnia. Nel gasdotto in questione passano circa 550 mila barili di petrolio al giorno.
Il rialzo del oil ha spinto il comparto petrolifero italiano (+1,4%) che ha sovraperformato il mercato, grazie alle performance di Eni (+1,2%) ma soprattutto di Saipem che ha brillato con un +5,3 per cento. Anche oggi la big oil italiana guadagno lo 0,5% a 14,01 euro e la oil service 1,4 per cento.
Commento
La performance di Saipem non è però solo legata al forte rialzo del petrolio. È probabile che sia anche il frutto dell’impennata dei contatti scambiati su opzioni che hanno portato al ricorso di acquisti per coprire l’esposizione nelle tipiche operazioni di delta hedging.
Inoltre l’agenzia Fitch ha stimato che le principali oil major (BP, Chevron, ExxonMobil, Shell and Total) aumenteranno gli investimenti in esplorazione e produzione del 7,4% nel 2018, ovvero a 104 miliardi di dollari (dai 96,8 miliardi dello scorso anno). Ricordiamo infatti che il business della oil service italiana dipende principalmente dagli investimenti delle big del petrolio. Bisognerà capire come sarà il break down dei maggiori investimenti e la marginalità degli stessi, ma un miglioramento del quadro è sicuramente positivo per il settore.
Tenaris, Saipem ed Eni sono sotto la lente.