L’istituto valtellinese ha “sancito” l’uscita dalla crisi esplosa nel 2007 e a dieci anni di distanza ha messo in atto la prima, seppure piccola, operazione di crescita esogena “tradizionale”.
E tutto ciò non è poca cosa se solo si considera che in questi lunghi dieci anni il mondo del credito è stato caratterizzato da operazioni di “sistema” finalizzate a salvarne alcuni pezzi a spese della collettività.
In buona sostanza, la Popolare di Sondrio ha condiviso con la Fondazione, principale azionista della Cassa di Risparmio di Cento con il 67%, la sfida di mettere a fattor comune storia, struttura operativa e clienti. E l’offerta verrà estesa a tutti gli altri 10.000 azionisti della Cassa emiliana.
Il tutto grazie alla convinzione di poter creare valore per tutti gli stakeholder proprio per merito le sinergie che emergeranno dal merger. Senza per questo rinunciare a tutto ciò che ha consentito alle stesse banche interessate di crescere e rafforzarsi anche nei momenti più bui della crisi che ha investito il mondo occidentale in questi lunghi e difficili anni.
In buona sostanza, Sondrio consolida la propria autonomia e opta per un percorso di aggregazioni con realtà “analoghe” a cui può offrire un modello di sviluppo risultato a oggi vincente.
Questo proprio perché l’istituto non può arroccarsi sul passato, ma deve anzi accelerare il percorso di crescita mettendo in atto tutte quelle energie che è in grado di movimentare per contribuire a far compiere al sistema quell’ulteriore passo in avanti ritenuto necessario da pressoché tutti gli osservatori.
E l’offerta condivisa sabato 14 ottobre dai consigli della Popolare e della Fondazione potrebbe rappresentare il primo passo di una strada che potrebbe portare lontano offrendo al sistema una terza via per le aggregazioni dopo quelle “obbligate” messe in atto negli ultimi anni.