Chiusura debole per Piazza Affari, con il Ftse Mib in calo dello 0,6% a 22.831 punti. In flessione anche il Cac 40 di Parigi (-0,2%) mentre il Dax di Francoforte (flat), l’Ibex 35 di Madrid (-0,1%) e il Ftse 100 di Londra (+0,2%) terminano intorno alla parità.
A Wall Street nel frattempo gli indici americani scambiano in marginale ribasso, con gli operatori focalizzati sul tour asiatico di Donald Trump e sulla proposta di riforma fiscale che sta incontrando qualche difficoltà nell’essere approvata.
Il possibile rinvio del taglio delle tasse promesso da Trump ha frenato parzialmente il dollaro, consentendo al cambio con l’euro di tornare in prossimità di quota 1,16. In recupero anche lo yen, che riporta la coppia USD/JPY a 113,6.
Fra le materie prime, i futures su Wti e Brent quotano rispettivamente a 57 e a 63,7 dollari al barile, relativamente stabili nonostante i dati Eia sulle scorte petrolifere peggiori delle attese.
In lieve rialzo i rendimenti sull’obbligazionario dopo il calo marcato di ieri, con il Btp decennale che torna a 1,73% e lo spread dal Bund in area 141 punti base.
In Italia il focus resta soprattutto sui bancari e sul possibile impatto che l’addendum sugli npl proposto dalla Bce potrebbe comportare sul settore creditizio. Oggi, intanto, l’ufficio legale del Parlamento Europeo ha bocciato la normativa proposta dalla Vigilanza di Francoforte, spiegando che l’istituto centrale non può emanare “norme vincolanti di carattere generale da applicare a tutte le banche”.
I timori per l’inasprimento delle richieste sugli npl affossa soprattutto BANCO BPM (-7,5%) e BPER (-4,4%), che terminano in fondo al Ftse Mib.
Sottotono anche MEDIASET (-3,9%) dopo i conti, penalizzata principalmente dalle stime deludenti per i ricavi pubblicitari del trimestre in corso e dallo stallo delle trattative con Vivendi per il contenzioso legato alla mancata acquisizione di Premium.
In controtendenza BUZZI UNICEM (+2%), favorita dai risultati positivi della rivale tedesca HeidelbergCement e di CEMENTIR (+1,9%), oltre a STM (+0,9%), UNICREDIT (+0,7%) e ATLANTIA (+0,7%).
Fuori dal listino principale affonda CREVAL (-29%) in scia all’aumento di capitale da 700 milioni previsto nel nuovo piano strategico 2018/20, superiore alle attese della vigilia che ipotizzavano circa 500 milioni.