Le azioni della banca genovese guadagnano in Borsa il 5,6% dopo la notizia del conflitto in corso tra l’azionista di maggioranza della banca, la Malacalza Investimenti, e le banche e advisor che hanno curato l’aumento di capitale. Secondo alcuni rumor, il conflitto potrebbe portare il gruppo Malacalza a ridefinire il proprio ruolo. Lascia o raddoppia?
Carige in rialzo a Piazza Affari. Oggi alle 11:10 le azioni della banca genovese guadagnano il 5,6% al prezzo di 0,0094 euro. Il tutto con consistenti volumi di scambi. Finora sono passati di mano 943 milioni di pezzi, contro una media degli ultimi tre mesi pari a 622 titoli.
A risvegliare l’attenzione a Piazza Affari è stata la lettera inviata dalla Malacalza Investimenti, il principale socio dell’istituto genovese, che mette in discussione le modalità dell’aumento di capitale da 544 milioni appena concluso.
Secondo le indiscrezioni, la missiva è la prima avvisaglia di uno scontro i cui esiti non sono ben definiti. La settimana prossima, probabilmente martedì, si riunirà il cda della banca guidata da Paolo Fiorentino dal quale è attesa una risposta all’imprenditore piacentino. Nella lettera, Malacalza mette sotto accusa in particolare “la complessiva conduzione gestionale, legale e comunicativa dell’operazione da parte delle banche garanti, di Carige, dei consulenti legali di questa e dei suoi incaricati della comunicazione”.
Una guerra che aveva avuto dei primi segnali già durante l’aumento di capitale, proprio sulla firma dell’impegno alla sottoscrizione della propria quota da parte di Malacalza richiesto dalle banche. Nella sintesi, secondo Malacalza, gli advisor dell’operazione, tra cui Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays insieme a Equita, si sarebbero garantiti laute commissioni, pari nel complesso a 51,7 milioni, secondo quanto riportato dal prospetto informativo, senza di fatto assumersi alcun rischio di sottoscrizione. La cifra riservata agli advisor è pari a quasi il 10% dell’aumento di capitale, ma le banche si sono assicurate che la loro garanzia fosse coperta in prima allocazione da altri. Buona parte dell’aumento è stato finanziato dagli azionisti storici, tra cui lo stesso Malacalza che ha incrementato la propria partecipazione dal 17,7% al 20,6% e poi da Gabrile Volpi che è salito dal 6% al 9,1 per cento.
Un’altra parte, invece, è stata garantita dalle controparti con le quali sono state concluse le diverse operazioni di cessione, come per esempio Chenavari che ha acquisito Creditis e come Credito Fondiario e Sga, acquirenti del pacchetto di npl.
L’attuale azionariato di Carige vede, alle spalle di Malacalza con il 20,6% e Volpi con il 9,1% attraverso la finanziaria Lone Star, Credito Fondiario con il 5,4%, Sga con il 5,4% e Chenavari al 4,9 per cento. Seguono Unipol con il 3,6%, Intesa Sanpaolo con il 3,2% e Generali con l’1,6% dopo la conversione dei bond. Infine, detengono ancora una piccola quota la Coop Liguria (1,7%) e il socio Spinelli (0,9%).
Il dubbio è su cosa voglia fare Malacalza ora del suo investimento. Lo scontro nasce perché intende lasciare o perché vuole raddoppiare, magari salendo al 28% concesso dalla Bce? L’imprenditore ha finora, infatti, voluto partecipare alla ricapitalizzazione per difendere il proprio investimento. A tale fine si è schierato contro la proposta di procedere a un aumento di capitale senza diritto di opzione per gli azionisti storici. Ma di fronte a un’offerta che valorizzi il proprio pacchetto potrebbe anche decidere di uscire dalla partita. D’altronde, che il futuro di Carige non sia stand alone era stato già indicato dall’Ad Fiorentino, in considerazione delle dimensioni troppo contenute dell’istituto per raggiungere le economie di scala necessarie per operare a livelli efficienti.