Nel pomeriggio di ieri, a mercato aperto, Leonardo ha presentato il piano industriale per il periodo 2018-2022 in cui la società prevede di tornare a registrare una crescita sostenuta solo a partire dal 2020. Il mercato non ha gradito gli obiettivi fissati o la tempistica del loro raggiungimento ed ha fortemente penalizzato il titolo che ha chiuso con un ribasso finale del 12% dopo essere entrato in fase di volatilità in più occasioni.
Il gruppo, notoriamente, viene da un anno complesso in cui la crisi del core business degli elicotteri ha portato in novembre a rivedere al ribasso la guidance, provocando un crollo verticale della capitalizzazione di Borsa.
Il piano industriale ha, quindi, confermato le previsioni per il 2017 nella parte bassa della forchetta indicata a novembre, con una stima dei ricavi per 11,5-12 miliardi, l’Ebita a 1,050-1,1 miliardi e il FOCF a 500-600 milioni. Gli ordini sono previsti compresi fra 11,3 e 11,7 miliardi mentre l’indebitamento dovrebbe attestarsi sui 2,6 miliardi.
Il gruppo è concentrato sul rafforzamento della divisione elicotteri che, come detto, nell’ultimo anno ha registrato un profit warning dovuto sia a fattori esterni, come il declino del mercato civile, sia a fattori interni. In quest’ultimo caso, si sono manifestati dei costi non ricorrenti generati dal mancato allineamento della politica commerciale con l’effettiva flessibilità produttiva. Il calo dei ricavi dovuto al declino del comparto civile e ad un ridotto contributo del comparto militare si è quindi unito ad inefficienze interne riducendo la redditività in singola cifra.
L’obiettivo è quello di tornare ad avere nella divisione una redditività double digit nel 2020 grazie all’outlook positivo del mercato e al miglioramento dei processi produttivi.
Allargando la visione al contesto generale, il gruppo intende eguagliare nei prossimi 5 anni la crescita del mercato prevista nel 5-6% annuo per i tre core business del gruppo (elicotteri, difesa ed elettronica, aereonautica) obiettivo che verrà raggiunto grazie all’adozione completa del modello “one company” ed alla trasformazione dei costi in investimenti, migliorando allo stesso tempo le strategie commerciali.
La società si attende circa 70 miliardi di ordini nel periodo di piano focalizzandosi sui “large bids”, con ricavi in crescita del 5-6 per cento annuo ed una redditività che dovrebbe tornare a doppia cifra nel 2020 sostenuta da un incremento annuale dell’Ebita nell’ordine dell’8-10%.
Intenzione del gruppo è inoltre quella di investire mediamente 600-700 milioni nei prodotti chiave e nel completamento nel processo della “one company”, grazie al contributo derivante dal reinvestimento attorno all’80% dei circa 200 milioni di costi risparmiati annualmente.
La guidance per il 2018 prevede ancora un anno di consolidamento e di sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente. Gli ordini sono infatti previsti in leggera crescita a 12,5-13 miliardi mentre i ricavi sono stimati stabili a 11,5-12 miliardi. Sostanzialmente stabili anche l’Ebita a 1,075-1,125 miliardi e l’indebitamento netto di gruppo fissato a 2,6 miliardi.
In calo nel 2018 invece il FOCF a 100 milioni rispetto ai 500-600 milioni previsti per il 2017, a causa degli investimenti nei prodotti chiave e alla necessità di un ramp-up nella produzione relative ad alcune commesse.
Stando al piano, bisognerà quindi attendere il 2020 per rivedere tassi di crescita sostenuti.
Tra gli obiettivi principali vi è infine quello di riottenere l’investment grade da parte di tutte le agenzie di rating, riducendo nel periodo del 20% il gross debt, ora a 3,8 miliardi, e i costi di finanziamento del 25% anche attraverso la rinegoziazione nel 2018 delle revolving credit facilities.