Il Ftse Mib chiude l’ultima seduta della settimana in ribasso dello 0,5% a 22.289 punti, sostanzialmente in linea con il Ftse 100 di Londra (-0,4%), mentre il Dax di Francoforte (-1,8%), il Cac 40 di Parigi (-1,4%) e l’Ibex 35 di Madrid (-0,9%) arretrano maggiormente. Nessun aiuto per gli indici europei da parte di Wall Street, dove i listini americani sono passati in rosso dopo un avvio lievemente positivo e il Vix si mantiene in area 23 punti.
Quella appena conclusa è stata una settimana travagliata per l’equity, condizionata principalmente dalle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Ieri Trump ha annunciato nuove tariffe e sanzioni commerciali per 60 miliardi di dollari, a cui Pechino ha risposto mettendo nel mirino 128 prodotti americani, per un totale di 3 miliardi di dollari, nel caso non venga raggiunto un accordo.
In settimana si è anche tenuta la riunione della Fed, che ha alzato come da attese i tassi di interesse, confermando altri due interventi nel 2018 ma alzando a tre il numero di ritocchi per il 2019. Inoltre, è doveroso citare lo scandalo di Facebook, che ha ulteriormente appesantito il comparto tecnologico.
A preoccupare i mercati contribuisce anche il nuovo avvicendamento tra i collaboratori di Trump, dopo la nomina di Bolton, notoriamente rigido contro Iran e Nord Corea e contrario all’accordo sul nucleare di Teheran, alla carica di consigliere per la sicurezza.
In questo contesto di avversione al rischio gli investitori prediligono gli asset più difensivi, primo fra tutti l’oro, risalito a 1.348 dollari l’oncia. Sul Forex il cambio dollaro/yen buca al ribasso quota 105 per la prima volta da fine 2016, con la valuta nipponica favorita dall’incertezza, mentre l’euro/dollaro avanza a quota 1,235.
In rialzo il petrolio, con Wti e Brent rispettivamente a 65,3 e 69,8 dollari al barile, sostenuti dalla nomina di Bolton e dalle dichiarazioni del ministro del petrolio saudita, secondo cui la collaborazione tra Opec e Russia continuerà anche nel 2019 e oltre.
Scarsi movimenti sull’obbligazionario, con il Btp decennale all’1,86% e lo spread con il Bund a 134 punti base.
A Piazza Affari gli acquisti premiano LEONARDO (+2%) e le utilities, in particolare A2A (+1,9%), TERNA (+1,6%), all’indomani della presentazione del nuovo piano industriale, ed ENEL (+1,15%) dopo i conti del 2017. In rimonta i bancari UBI (+1,6%) e UNICREDIT (+0,7%), mentre INTESA arretra dell’1,2 per cento.
Ancora vendite anche su STM (-4,1%), penalizzato anche dalla debolezza generale dei tecnologici, e su TENARIS (-4%), dopo il tonfo di ieri in scia all’esclusione dai dazi Usa della Corea del Sud, i cui produttori di tubi sono tra i principali competitor del gruppo.
Chiude in calo dell’1% TELECOM ITALIA, dopo la decadenza del cda a seguito delle dimissioni del presidente Arnaud de Puyfontaine, del vice presidente Giuseppe Recchi e di altri consiglieri per un totale di 8 su 15. Convocata per il prossimo 4 maggio l’assemblea per il rinnovo integrale del board, in cui i piccoli azionisti non voteranno per Vivendi.