La multi-utility bolognese ha chiuso il bilancio 2017 con un significativo progresso in tutti i principali aggregati economici, mentre i progressi nella generazione di cassa consentono un significativo rafforzamento della struttura patrimoniale. E tutto ciò rende credibile e sostenibile la prosecuzione di una politica di sviluppo oramai storica.
“La struttura patrimoniale si rafforza ulteriormente e ci garantisce una riserva finanziaria ancora maggiore di quella attesa, merito anche di quei flussi di cassa che si confermano in costante aumento dando maggiore forza alla sostenibilità degli investimenti futuri, previsti a +62% rispetto alla media di settore”.
E tutto ciò, aggiunge il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, “rappresenta quel potenziale finanziario che ci consentirà di cogliere le molteplici opportunità che emergeranno nel settore multi utility italiano, senza impattare sulla sostenibilità di quella politica di dividendi crescenti che già quest’anno porterà la cedola a 9,5 centesimi di euro”.
Ma procediamo con ordine ricordando che i ricavi sono aumentati del 9,4% a 5.612,1 mentre “la crescita del 7,4% a 984,6 milioni dell’Ebitda, superiore del 5% a quanto previsto dal piano, esprime il potenziale delle economie di scala realizzate in questi anni e rende credibile anche la crescita prospettata nel nuovo piano al 2021”.
Una crescita che, aggiunge il presidente di Hera, “riflette le strategie di efficientamento e di espansione delle quote di mercato nazionale perseguite dal gruppo”. Iniziative grazie le quali “dare vigore alla volontà di creare valore per tutti gli stakeholder, in particolare agli azionisti”.
Risultati conseguiti merito “il contribuito della crescita organica, in costante progresso da oramai 15 anni, ma anche l’apporto dell’attività di M&A”.
L’Ebit segna un progresso del 4,9% a 479,3 milioni, nonostante ammortamenti e accantonamenti, aumentati del 10%, in relazione alle acquisizioni e alle maggiori attività operative.
Migliora la gestione finanziaria, con oneri finanziari netti in calo del 13,5%, per effetto di un ammontare medio del debito netto rimasto sotto controllo e dell’ottimizzazione del costo, beneficiando anche del contributo positivo in relazione al recupero di interessi sui crediti scaduti di clienti in salvaguardia.
Tutto ciò si riflette sull’utile netto, che balza del 21,3% a 251,5 milioni, grazie anche a una minore incidenza dell’imposte con un tax rate passato dal 35,1% al 29,6 per cento.
Dal lato patrimoniale l’indebitamento finanziario netto si attesta a 2.523 milioni, in calo dell’1,4% rispetto a fine 2016.
Gli investimenti complessivi sono stati pari a 440,5 milioni, in aumento del 13,9% rispetto al 2016.
E la crescita prospettata a piano, aggiunge il presidente di Hera, “è credibile non solo alla luce del nostro track record, nel cui perimetro rientrano anche i risultati del 2017, ma anche per la storica capacità di implementare le sinergie interaziendali attraverso la piena integrazione all’interno di un Gruppo caratterizzato da solidità e grande compattezza”.
Ed una prova di tutto ciò, come suggerisce Jens Hansen, Investor relator del gruppo, “risiede nella capacità di rendere sostenibile l’aumento del dividendo grazie anche alla capacità di aumentare costantemente i flussi di cassa”.
Scenario grazie al quale, prosegue Hansen, “rendere credibile una politica di sviluppo importante anche tramite acquisizioni pur continuando a migliorare quel debito che le agenzie di rating ritengono già ora tra i più prudenti del settore”.
Obiettivi conseguiti anche perché “il management ha da sempre allocato le risorse in investimenti che presentano un basso profilo di rischio, pur consentendo una buona remunerazione grazie anche alla capacità di integrare le neo-acquisite ed estrarre sinergie”.
E tutto ciò, come sottolineano anche gli analisti che seguono il titolo, “rappresenta un’ottima premessa a sostegno del potenziale di crescita del Gruppo a livello globale e del valore del titolo in Borsa”.