Le società italiane di gestione del risparmio continuano a snobbare le Big e Mid Cap presenti nel Ftse Italia Servizi Pubblici, nonostante l’ottima performance registrata negli ultimi 12 mesi (+13,7%) e la tradizionale generosa politica di remunerazione dei soci, con un dividend yield medio attualmente pari al 3,8 per cento.
Dall’analisi della composizione dell’azionariato degli 11 principali gruppi del settore utility e delle rinnovabili quotati a piazza Affari, la cui capitalizzazione complessiva sfiora i 100 miliardi di euro, emerge infatti che la quasi totalità dei maggiori soci non di controllo ha passaporto straniero. Soci, i cui voti potrebbero essere decisivi nella prossima ondata di assemblee che approveranno i bilanci 2017 e che decideranno su temi importanti come la politica dei dividendi e la remunerazione del management, solo per citare alcuni esempi.
Escludendo gli azionisti pubblici di controllo (Ministero dell’Economia, Cdp Reti ed enti locali) e le famiglie fondatrici di Erg e di Falck Renewables, le uniche due società tricolori di asset management che figurano tra i primi cinque soci dei gruppi del comparto in esame sono Azimut, attraverso AZ Fund Management, e Kairos. Nel dettaglio, il gruppo presieduto da Pietro Giuliani detiene il 3,03% in Erg, mentre la Sgr fondata da Paolo Basilico possiede il 3,07% Iren, con la capitalizzazione complessiva delle due partecipazioni pari a 181 milioni.
Tra i colossi stranieri dell’asset management, la statunitense BlackRock mantiene saldamente la maggiore esposizione al settore utility e delle rinnovabili quotato a piazza Affari. Il gigante guidato dal fondatore Larry Fink è tra i primi tre azionisti di Enel, Snam e Terna, cioè dei tre maggiori titoli presenti nel Ftse Italia Servizi Pubblici. Alle quotazioni attuali, la capitalizzazione di queste partecipazioni è pari a 3,83 miliardi, comunque una goccia nell’ambito dell’immenso patrimonio totale gestito dal gruppo newyorkese, pari a 5.100 miliardi al 31 marzo e ripartito tra diversi asset (anche obbligazionari e immobiliari) e strategie.
A debita distanza da BlackRock, si conferma Norges Bank Investment Management che all’interno dei propri portafogli azionari ha ben otto partecipazioni di peso tra le 11 principali società italiane del settore utility e delle rinnovabili a cui corrisponde un valore borsistico di 1,39 miliardi. Tra le più importanti ci sono l’1,88% di Enel, lo 0,9% di Terna, il 2,79% di A2A e l’1,55% di Hera. Ricordiamo che Norges Bank Investment Management gestisce per conto del Ministero delle Finanze norvegese un fondo alimentato con i proventi dell’industria petrolifera. Fondo che alla fine del 2017 aveva investito in tutto il mondo in attività (66,3% azioni, 30,8% obbligazioni e 2,6% immobiliare) che avevano un valore di mercato di quasi 885 miliardi di euro.
Importante anche la presenza di altri tre grandi fondi d’investimento nel capitale delle Big Cap italiane del settore utility e delle rinnovabili. Il valore borsistico delle quote detenute da Vanguard Group (4.100 miliardi in gestione) e da Lazard (185 miliardi in gestione) è in entrambi casi pari a 1,25 miliardi, mentre quello in mano a Capital Group (1.370 miliardi in gestione) è di 1,23 miliardi.
Tra i maggiori investitori (stranieri) delle sole aziende che gestiscono le infrastrutture energetiche in Italia (Snam, Terna e Italgas) anche i cinesi di State Grid Corporation che alla fine del 2014 hanno acquisto da Cassa Depositi e Prestiti il 35% di CDP Reti per la cifra di 2,1 miliardi, che si confronta con un valore di Borsa delle tre partecipazioni pari a 2,8 miliardi. Ricordiamo che gli altri azionisti di CDP Reti sono la stessa Cassa Depositi e Prestiti con il 59,1% e alcuni investitori istituzionali italiani con il rimanente 5,9 per cento. Non è più presente nella compagine sociale di Enel e Terna, Peoples Bank of China, cioè la Banca centrale cinese, che nel marzo 2015 deteneva il 2,07% del colosso elettrico italiano e il 2,01% del gruppo che gestisce la rete di trasmissione elettrica in Italia, con un valore totale delle due partecipazioni che era intorno al miliardo.
Da segnalare, infine, la rilevante presenza nell’azionariato di Snam (5,748%) e Italgas (5%) del re della ceramica Romano Minozzi, le cui due partecipazioni hanno attualmente un valore borsistico di 978 milioni. Ricordiamo che in precedenza, l’imprenditore del modenese aveva puntato su Terna, salendo fino al 5% del capitale e incassando al termine dell’investimento una lauta plusvalenza (110 milioni) e ricchi dividendi (50 milioni).