Metà del valore di Borsa delle banche dell’indice Stoxx 600 deriva da mezzi finanziari versati dagli investitori tramite i numerosi aumenti di capitale richiesti negli ultimi dieci anni dagli istituti di credito europei.
Il dato emerge da una ricerca effettuata da Dealogic e riportata dal Financial Times. Secondo gli analisti della società di consulenza finanziaria, gli investitori dal 2008 hanno versato un trilione di euro per ricapitalizzare le banche europee, una cifra che equivale alla metà del valore della capitalizzazione di tutto l’indice Stoxx 600 Banche.
Tale indice, che raggruppa i principali lender del Vecchio Continente, è ancora giù del 48% rispetto al valore del 2008, con gli investitori che non sono quindi stati in grado di recuperare il valore distrutto dalla potente crisi finanziaria innescata dai mutui subprime. Crisi che si è innestata con le debolezze del settore europeo e con il pesante accumulo di crediti deteriorati. Una situazione che alla fine ha penalizzato più i titoli europei, con l’indice complessivo Stoxx 600 in rialzo di solo il 25% rispetto ai livelli di 10 anni fa proprio perché zavorrato dai bancari, mentre l’indice americano S&P 500 ha recuperato dal 2008 l’82 per cento.
Tuttavia, sottolinea il Ft, dopo diverse false partenze, è opinione condivisa che finalmente le banche europee siano nelle condizioni di iniziare la fase di recupero dopo una decade di sofferenza.
I driver del miglioramento saranno il rialzo dei tassi di interesse, trainato dall’inizio della fase di crescita economica che permetterà il ritorno a incrementi del margine di interesse che, accompagnato dal consolidamento del settore e da tagli dei costi, permetteranno incrementi nei profitti.
Questo nonostante le banche europee siano ancora gravate da 880 miliardi di crediti deteriorati, dato ancora rilevante seppur in calo rispetto al 2016 quando le sofferenze toccavano il trilione, secondo i dati della Bce.
All’interno del panorama delle diverse banche che hanno proceduto a importanti ricapitalizzazioni si registrano, tuttavia, situazioni molto differenti.
C’è per esempio il caso di Deutsche Bank, il principale istituto tedesco, i cui titoli hanno perso l’85% dalla fine del 2007 e che nei dieci anni in esame ha chiesto al mercato 30 miliardi in aumenti di capitale, più dell’attuale capitalizzazione pari a 24 miliardi.
All’opposto vi è l’esempio di Unicredit, i cui titoli sono più che raddoppiati dai corsi del febbraio 2017 quando lanciò sul mercato un aumento di capitale da 13 miliardi.