Bce – Il commiato di Vitor Constancio

Durante la conferenza stampa di ieri è stato rimarcato come le porte dell’Eurotower si aprano necessariamente ad una nuova generazione di banchieri. Quella di ieri, infatti, è stata l’ultima partecipazione di Vitor Constancio.

Il vice presidente, allo scadere del mandato e dopo 18 anni di servizio presso la Banca Centrale Europea, da giugno sarà sostituito dallo spagnolo Luis De Guindos, classe 1960, che ha appena lasciato il posto di ministro dell’Economia e dell’Industria, poltrona che occupava dal 2011.

Pacatezza e aplomb hanno accomunato in questi anni gli interventi del presidente Mario Draghi e di Constancio, in tutti i contesti che li vedevano protagonisti sia insieme quanto individualmente.

Tra i punti che Constancio ha voluto rimarcare nel suo commiato, vi è sicuramente il cambiamento radicale degli strumenti a disposizione di una politica monetaria che non può più essere “relegata al tasso overnight”.

Quelli che ancora oggi vengono definiti strumenti di natura non convenzionale sono ormai entrati di fatto e di diritto nell’ordinarietà per il raggiungimento degli obiettivi che la banca centrale è chiamata a raggiungere.

Il progressivo e costante incremento della quota di finanziamenti concessi dal sistema non bancario dal 2007 ad oggi impone poi l’allargamento della sfera di controllo delle autorità monetarie ai fini della stabilità del sistema.

Nel corso della conferenza stampa, è apparso sempre più evidente come il ruolo della politica monetaria resterà preminente ancora lungo per garantire la stabilità e la solidità di una crescita economica che non sembra poter fare a meno del sostegno dei tassi di interesse accomodanti.

Il primo trimestre dell’anno evidenzia un rallentamento dai picchi di crescita del Prodotto Interno Lordo del 2017, pur mantenendosi comunque solida e allargata. I dati macroeconomici più recenti relativi a tutti i settori dell’economia, nonché quelli dei sondaggi sulla fiducia di imprese e consumatori, segnalano andamenti contrastanti e inaspettati nell’entità.

“Caution, prudence and persistance” sono le tre parole con cui Mario Draghi ha definito l’atteggiamento richiesto alla banca centrale per meglio comprendere il quadro di contesto per qualsiasi decisione futura. Ed è questa la ragione per la quale nel corso della riunione odierna del direttorio non è stata discussa la politica monetaria “in sé e per sé”.

Assodato il corretto funzionamento del meccanismo “pass-through” dalla politica monetaria al mondo reale, testimoniata dalla crescita media del 3,1% dei prestiti alle imprese e del 2,9% di quelli alle famiglie grazie all’allentamento delle condizioni di credito, resta confermato come un ampio grado di “monetary accomodation” sia ancora necessario.

Infine, mentre il rialzo dei tassi negli Stati Uniti è visto come un naturale sviluppo in considerazione dell’avanzato stadio del ciclo economico in quell’economia e dello stimolo fiscale promosso dall’amministrazione Trump, la Bce guarda invece con molta attenzione all’impatto che i sintomi di protezionismo possono generare non tanto nell’immediato, i cui effetti sono in parte già scontati nei prezzi, quanto impattando in maniera significativa la fiducia per la crescita degli scambi e dell’export e di conseguenza l’outlook futuro.

Parole precise, misurate, ma soprattutto pronunciate con una naturale serenità che conferma negli investitori come la fiducia nei “timonieri” sia ben riposta: i mercati accolgono il messaggio con pari atteggiamento e i rendimenti scendono marginalmente lungo l’intera curva. Si indebolisce l’euro che si porta in area 1,21 contro il dollaro, livello che non si vedeva dallo scorso gennaio.