Lo scorso mese, il principale indice di piazza Affari è stato il peggiore tra i maggiori panieri equity europei a causa dell’acuirsi della crisi politica e istituzionale legata anche alle grosse difficoltà incontrate nel tentare di dar vita a un nuovo governo dopo le elezioni del 4 marzo.
In particolare, il Ftse Mib ha risentito delle tensioni sui titoli di Stato italiani, con lo yield del Btp a 10 anni che ha concluso le contrattazioni di ieri al 2,77% (dopo aver toccato il 3,16% nella giornata di martedì) rispetto all’1,78% dello scorso 30 aprile con il differenziale di rendimento, cioè lo spread, con il Bund di pari durata allargato a 243 punti base dai 122 della fine di aprile. Sul fronte dei fondamentali, i risultati del 1° trimestre del 2018 e le indicazioni positive per la restante parte dell’esercizio avevano, invece, mostrato il buono stato di salute dei gruppi che compongono il più importante paniere del listino milanese.
Nel tardo pomeriggio di ieri, la crisi sembra, però, aver finalmente trovato uno sbocco con l’accettazione di un nuovo incarico di Premier da parte di Giuseppe Conte e con la presentazione al Presidente della Repubblica di una lista di ministri condivisa con lo stesso Quirinale.
Passando all’esame dell’andamento del Ftse Mib a maggio, la perdita del 9,2% (il peggior saldo mensile dal giugno del 2016) comprende anche l’effetto negativo dello stacco dei dividendi dello scorso 21 maggio di ben 19 società – tra cui Intesa Sanpaolo, Generali, Eni (saldo), Atlantia (saldo), A2A, Italgas, Unipol e UnipolSai solo per citare alcuni nomi – che ha pesato per circa 400 punti, ovvero l’1,7%, sul paniere in esame. Nello stesso mese, gli altri indici azionari del vecchio Continente hanno portato a casa mediamente una perdita del 2%, con l’Ibex di Madrid che ha lasciato sul terreno il 5,2% sulla scia della crisi del governo di Mariano Rajoy.
In questo contesto il paniere delle Blue chip tricolori è stato zavorrato, innanzitutto, dai titoli del comparto bancario, con il relativo indice settoriale che ha perso il 20,6% nel solo mese di maggio. Male anche le azioni del risparmio gestito, anche se bisogna ricordare la cedola da 1 euro distribuita da Azimut (dividend yield del 6,5%) e quella di 1,25 euro di Banca Generali (dividend yield del 5%). Mese da dimenticare anche per il comparto assicurativo tricolore (-12,9%), anch’esso influenzato dallo stacco dei dividendi, e per il settore utility, con il Ftse Italia Servizi Pubblici che ha perso l’11,1% del proprio valore.
Che maggio sia stato mediamente un brutto mese per l’indice delle Big Cap di piazza Affari è confermato anche dall’analisi del comportamento borsistico tenuto dai 41 titoli che compongono il paniere in esame: 28 hanno concluso le contrattazioni di ieri su livelli di prezzo inferiori a quelli registrati lo scorso 30 aprile, 4 sono rimasti sostanzialmente invariati e soltanto 9 si sono attestati su livelli inferiori. A quest’ultimo gruppo appartengono le azioni di gruppi attivi nei settori merceologici non correlati all’andamento dei governativi europei e/o con un fatturato con un’esposizione limitata all’Italia.
Le migliori performance borsistiche di maggio all’interno del Ftse Mib sono state portate a casa da Saipem (+15%) grazie anche ai giudizi positivi di alcuni analisti, tra cui quelli di Morgan Stanley che a metà maggio hanno pubblicato un report settoriale in cui hanno alzato il target price del gruppo guidato da Stefano Cao a 5,80 euro dal precedente prezzo obiettivo a 5,40 euro, ribadendo il giudizio Overweight. Alle spalle dei titoli del gruppo di San Donato, STMicroelectronics (+12,4%) sulla scia delle indicazioni positive provenienti dai vertici del colosso europeo dei semiconduttori nel corso dal Capital Markets Day dello scorso metà mese. Sul terzo gradino del podio le azioni Ferrari (+9,3%) che hanno beneficato dei numeri positivi della prima trimestrale del 2018, ma anche dell’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro, con il cambio tra le due valute che a maggio ha perso il 3,2 per cento.
Maggio da incorniciare per Recordati (+6,9%) sospinto al rialzo dalle indiscrezioni pubblicate dalla stampa relative a un possibile interessamento del fondo di private equity CVC con l’obiettivo di lanciare un’offerta per acquisire il controllo della società farmaceutica milanese, valorizzandola 8 miliardi di euro. Un valore che supera di circa un quinto la sua attuale capitalizzazione. Neppure il mese scorso si è fermata la corsa di Moncler (+4,9%) che durante la seduta del 28 maggio ha raggiunto il nuovo massimo storico a 39,27 euro, con una capitalizzazione che ha superato la barriera dei 10 miliardi.