Una gestione attiva, focalizzata sulle obbligazioni High Yield con una duration inferiore a tre anni, per riuscire a cogliere le potenzialità del segmento dei bond ad alto rendimento che presenta una volatilità più contenuta. E’ questo l’obiettivo di investimento del comparto Anima High Yield Short Term Opportunities della Sicav lussemburghese LUX IM che, attraverso un attento lavoro di analisi finanziaria, va a cercare i titoli emessi dalle aziende migliori e quelli dove il mercato presenta delle anomalie che possono rappresentare un’interessante opportunità di investimento. Market Insight ha chiesto al gestore Laura Di Luca quali sono le sue previsioni sul settore.
Le obbligazioni High Yield, considerate uno strumento speculativo per pochi intenditori ai loro albori negli anni ’80, hanno registrato una impressionante crescita che, negli ultimi 10 anni, ha portato a quadruplicare il mercato. E ora rappresentano un’importante asset class nei portafogli degli investitori. Una dinamica che è stata supportata dal basso livello dei tassi di interesse degli ultimi anni. Questi, dal lato della domanda, hanno spinto gli investitori a cercare alternative più interessanti alle obbligazioni tradizionali e in particolare dirigendosi verso gli high yield, obbligazioni contraddistinte da un tasso di interesse più elevato in funzione alla loro maggiore rischiosità. Mentre da quello dell’offerta, i bassi tassi hanno invogliato gli emittenti a raccogliere denaro per finanziare la propria crescita a un costo sostenibile.
Negli ultimi anni gli investitori hanno tratto soddisfazione da questo tipo di investimenti in termini di rendimento, ma lo scenario potrebbe cambiare, visto il mutamento delle politiche monetarie in atto, con la Fed che ha già avviato un percorso di rialzo dei tassi e la Bce che ha annunciato la fine del Quantitative easing e in prospettiva posizioni più restrittive.
Uno scenario, quello all’orizzonte, che renderà fondamentale la selezione dei titoli per riuscire a puntare sulle società più solide che, grazie alla produzione di utili e cash flow, abbiano la capacità di sostenere nel tempo la leva finanziaria, evitando invece quelle dai bilanci più scricchiolanti. Un lavoro di analisi per il quale diventa sempre più importante affidarsi a professionisti in grado di operare in modo attento e con portafogli diversificati.
Market Insight ha chiesto a Laura Di Luca gestore dei fondi High Yield di ANIMA e del comparto Anima High Yield Short Term Opportunities della Sicav lussemburghese LUX IM lanciata da Banca Generali, quali sono le sue aspettative per il comparto e come affronta il nuovo scenario.
Quali sono le sue previsioni per il settore high yield nell’attuale scenario?
Siamo nella fase avanzata di uno dei cicli del credito più lunghi della storia, durato oltre 10 anni. Ma non siamo ancora entrati in quella finale. I fondamentali sono ancora buoni. Lo dimostrano i dati sull’occupazione, i più importanti indicatori macroeconomici e i risultati societari.
Nel primo semestre abbiamo assistito a una fisiologica pausa di rallentamento, in un ciclo maturo, dopo la grande accelerazione dello scorso anno.
In questo quadro piuttosto solido si sono inseriti alcuni temi di incertezza, che sono stati subito scontati dai mercati. Mi riferisco in particolare a tre tematiche: le tensioni commerciali, quelle geopolitiche e quelle più prettamente politiche che riguardano in particolare l’Italia, alle prese con l’approvazione della finanziaria, e la Gran Bretagna, dove ci sono timori di tenuta del governo. Questi timori hanno determinato una reazione che, sulla base dei fondamentali rimasti solidi, appare eccessiva. La conseguenza è stata un incremento degli spread che hanno portato i valori di alcuni titoli lontani dal fair value.
Con quali conseguenze per il mercato high yeld?
Si è registrato un allargamento importante dello spread. Basti pensare che il crossover è passato da quota 220 nel novembre di 2017 a quota 330 al giugno 2018. Un incremento di oltre il 50%.
Questo determinerà un cambiamento della strategia da parte degli investitori istituzionali?
Ora per molti investitori potrebbe essere il momento per aggiustare il beta del portafoglio.
I gestori si sono mostrati preparati ad affrontare la fase di incertezza della prima parte dell’anno, ma ora coloro che si sono posizionati in modo conservativo nel primo semestre potrebbero decidere di tornare ad aumentare la propria esposizione al rischio del portafoglio. Soprattutto i fondi che sono parametrati a un benchmark e che quindi rischierebbero di perdere l‘eventuale fase di restringimento degli spread.
Anche noi siamo arrivati nei primi mesi dell’anno a detenere una quota di liquidità vicina ai massimi storici, e cioè pari al 20% del portafoglio, ma ora l’abbiamo riportata a un livello più neutrale attorno al 10%.
Sulla base di questo scenario qual è l’asset allocation tattica del fondo in questo momento?
La strategia di investimento del fondo è ben definita e prevede un focus sull‘Europa, ma per cogliere le opportunità che si posso presentare permette di investire a livello globale e su titoli dalla duration limitata.
In questo momento riteniamo, però, che le maggiori opportunità risiedano proprio in Europa, per cui è in questa area geografica che abbiamo investito una quota maggiore del portafoglio.
Riteniamo, infatti, che i titoli high yield americani presentino un premio al rischio che attualmente non sconta le tre tematiche (tensioni commerciali, geopolitiche e politiche) che ho già ricordato.
Stiamo vivendo una fase di cambiamento delle politiche monetarie, in cui il supporto delle banche centrali inizia a venire meno. Per questo è molto più importante la selezione dei singoli titoli e temi di investimento, dato che vi saranno alcune asset class che faranno molto meglio di altre.
Alla luce di questo scenario abbiamo ripartito il portafoglio in due macro componenti.
Una parte di titoli core, pari al 50/60% del portafoglio, selezionati sulla base del rapporto tra fondamentali e rendimento. Obbligazioni con duration massima di tre anni che costituiscono uno zoccolo duro del fondo.
Poi c’è un cosiddetto portafoglio satellite, che riunisce temi specifici – comuni ai portafogli di tutti i fondi high yield di ANIMA – scelti per andare a cogliere le migliori opportunità in termini di creazione di alfa e che pesa per circa il 30%. La restante parte è costituita da liquidità, pari a circa il 10%.
Da dove pensa possano arrivare le maggiori opportunità di investimento?
Un tema a nostro avviso ancora molto interessante è quello degli Additional Tier1 (titoli emessi dalle banche e chiamati ad assorbire le perdite in caso di abbassamento del livello di capitale al di sotto dei requisiti minimi) per tre motivi: attenzione del regolatore sull‘adeguatezza del capitale; miglioramento dei margini; importante riduzione dell‘esposizione ai crediti deteriorati.
Anche se la Bce ha dichiarato che non toccherà i tassi fino alla prossima estate e alcune dichiarazioni troppo morbide hanno creato un po’ di volatilità, si va in ogni caso verso una fase di rialzo dei tassi che favorirà le banche e la loro capacità di generare margine di interesse.
Altro segmento su cui abbiamo puntato, sempre in vista di una politica monetaria più restrittiva, è quello dei titoli indicizzati, in particolare dei “Cms”, ovvero obbligazioni a tasso variabile (indicizzati al tasso swap 10 anni) e obbligazioni societarie sub investment grade, anche queste a tasso variabile (quindi con una minore sensibilità al rischio tasso).
Altro segmento che troviamo interessante è quello dei titoli convertibili con duration bassa che sfruttano la componente equity.
E in termini di settori?
Un comparto che troviamo più appetibile è quello dell’energy che, soprattutto negli Usa, presenta un eccessivo premio per il rischio. Alcuni gruppi di questo settore, dopo la crisi del 2015/16, si sono rimessi in carreggiata, hanno effettuato operazioni eccellenti e con un prezzo del petrolio sopra i 60 dollari per barile possono realizzare utili interessanti e in grado di sostenere gli oneri finanziari.
Quali sono i maggiori rischi per il segmento HY e come li affronta?
Ritengo che il fattore più importante da tenere sotto osservazione in questo momento siano gli utili societari. Certamente continueremo a monitorare con attenzione anche le altre variabili, macroeconomiche e politiche, ma la vera discriminante è l’andamento delle aziende.
Sono proprio gli utili in rapporto al debito che determinano la sostenibilità degli oneri finanziari delle imprese e che quindi rappresentano il dato più importante su cui porre l’attenzione.
Per il momento la situazione ci sembra assolutamente sotto controllo e le società hanno seguito la fase espansiva in modo corretto, indebitandosi a fronte di programmi di investimento e sviluppo ben definiti. I primi dati relativi al secondo semestre mostrano risultati ancora buoni, anche se alcuni manager sono più cauti nelle previsioni per il futuro, in quanto gli elementi di incertezza ricordati contribuiscono ad una minore visibilità sugli utili futuri.
Tuttavia, i dati sulle operazioni di M&A e sugli share buy-back, che indicano l’avvicinarsi della fase finale del ciclo economico, sono ancora sotto controllo.
Quali saranno gli impatti del rialzo dei tassi Usa?
Il fatto che le banche centrali abbiano una politica più chiara e trasparente, segnalando in anticipo quali sono le loro intenzioni, è un aspetto importante che rende più tranquille le scelte degli investitori. In particolare, dal momento che la Fed ha comunicato di avere avviato un cammino di normalizzazione della sua politica monetaria alla luce del buon andamento dell’economia, diventa, a maggior ragione, più importante il focus sugli utili aziendali anche per avere un riscontro sulla crescita economica che a sua volta influenza le scelte della banca centrale.
Quali sono invece gli effetti della politica monetaria della Bce e della fine del QE?
Per il momento, come dicevamo, è stata indicata la tendenza, ma non sono in arrivo a breve ritocchi dei tassi. E’ chiaro che spostando lo sguardo in avanti, a come probabilmente struttureremo il portafoglio il prossimo anno, questo induce alcune riflessioni.
Probabilmente nel 2019 aumenterà la componente di portafoglio esposta al carry. Per questo motivo continuiamo a monitorare la situazione con costante attenzione per cogliere tutti i segnali e comprendere il timing migliore per adattare il portafoglio al cambiamento e per essere sempre pronti a sfruttare le occasioni offerte dal mercato.
Quali sono le sue previsioni sulle valute e che esposizioni avete al momento?
La nostra strategia è generalmente neutrale sulle valute per cui effettuiamo coperture, tranne nei casi in cui decidiamo di aprire una posizione a livello tattico. Per esempio in questo momento abbiamo una piccola esposizione sul cambio euro/dollaro per il quale ci aspettiamo un apprezzamento a quota 1,20-1,25 per fine anno.