Risultati positivi per Mps nel secondo trimestre 2018. L’istituto guidato da Marco Morelli ha registrato un utile netto di 100,9 milioni, contro la perdita di 3 miliardi dell’analogo periodo del 2017, dovuta alle rettifiche sui crediti relative al maxi pacchetto ceduto. Il margine di intermediazione, pari a 832,2 milioni (-9,5% annuo), dimostra una resilienza delle componenti core con un margine di interesse in leggero aumento.
Mps supera la prova dei conti archiviando in utile anche il secondo trimestre dell’anno. Il margine di intermediazione ha mostrato una flessione attestandosi a 832,2 milioni (-9,5% a/a), ma con una tenuta delle componenti di ricavo core e in particolare del margine di interesse, cresciuto leggermente sia rispetto all’analogo periodo dello scorso anno sia rispetto al trimestre precedente. A pesare sui ricavi sono stati, invece, i profitti da trading.
Un buon risultato ottenuto nonostante i tre mesi alle spalle non siano stati facili per l’istituto guidato da Marco Morelli, anche per le incertezze sul fronte della governance, dopo che lo schieramento che ha vinto le elezioni lo scorso 4 marzo ha messo in discussione gli equilibri di Mps sollevando dubbi anche sull’uscita dello Stato dal capitale. Ipotesi sulla quale è intervenuta la stessa UE, ribadendo che gli accordi sulla ricapitalizzazione preventiva non consentono cambi di programma.
In questo clima la banca è riuscita a tenere la barra del timone dritta e a proseguire con gli sforzi per il recupero della clientela e per la conclusione del programma di de-risking. A maggio il gruppo ha completato il processo di cartolarizzazione con assistenza della garanzia pubblica (Gacs) con la cessione del portafoglio da 24,1 miliardi di sofferenze, dopo avere ottenuto il rating investment grade per la tranche senior. L’ultimo passaggio dell’operazione è avvenuto lo scorso 22 giugno con la cessione al fondo gestito da Quaestio del 95% della tranche junior. Il rapporto tra crediti deteriorati netti e totale crediti è sceso quindi a fine giugno al 9,9 per cento.
Nella tabella seguente riportiamo il confronto dei conti economici trimestrali di Mps.
Il margine di intermediazione si è attestato a 832,2 milioni, in calo del 9,5% rispetto ai 919,4 milioni del secondo trimestre 2017. La diminuzione è legata all’andamento della componente più volatile dei ricavi da trading. Le voci di ricavo core hanno invece mostrato un miglioramento.
Il margine di interesse ha toccato i 448,6 milioni, in crescita dello 0,6% rispetto ai 445,9 del secondo trimestre 2017 e meglio anche dei primi tre mesi dell’anno in corso.
Il miglioramento è legato alle buone dinamiche dei volumi, accompagnate dal beneficio degli interessi sui titoli della securitizzazione di competenza della banca (9 milioni) e dal miglioramento del costo del funding.
Le commissioni sono state pari a 403 milioni, in calo del 6,5% rispetto al periodo di confronto a causa principalmente dei minori proventi sui servizi di pagamento (bancomat e carte) a seguito dell’avvenuta cessione in data 30 giugno 2017 del ramo del merchant acquiring e per il minore apporto delle commissioni di sottoscrizione, mentre quelle di gestione sono leggermente cresciute. Le commissioni sono risultate in crescita del 2,9% rispetto al trimestre precedente, escludendo una voce non ricorrente di 15 milioni per il rinnovo dell’accordo di distribuzione con Compass nel primo trimestre.
In calo il contributo dei dividendi, pari a 11,1 milioni (-53,8% a/a), rappresentati soprattutto dal contributo della jv nella bancassurance con Axa, mentre si registra il contributo positivo del dividendo della quota della Banca d’Italia per 8 milioni.
Per quanto riguarda l’attività di trading, la perdita di 30 milioni che si raffronta con un dato positivo per 18,3 milioni nel periodo aprile-giugno 2017 è dovuta al contributo negativo per 33 milioni di titoli contabilizzati a fair value (Ifrs 9) e per 11 milioni di perdita dall’attività di trading e hedging di Mps Capital Services parzialmente compensata da quella di Mps, mentre l’attività di cessione titoli, soprattutto bond italiani, ha generato una plusvalenza di 13 milioni.
Significativi i risparmi sul fronte dei costi che nel loro complesso sono scesi a 581,4 milioni, in calo del 9% rispetto al corrispondente periodo del 2017.
Nel dettaglio, i costi del personale si sono contratti del 7,3% annuo a 366,2 milioni da ricondurre principalmente alla riduzione degli organici, scesi dai 24,8 mila del secondo trimestre 2017 a 23,3 mila. In diminuzione anche gli altri costi operativi, pari a 215,2 milioni (-11,8% a/a), per effetto delle iniziative di contenimento strutturale della spesa che hanno interessato in particolare la gestione del comparto immobiliare e le spese legali connesse al recupero crediti, nonché il comparto ICT (anche a seguito della cessione del ramo acquiring avvenuta a giugno 2017). Il numero di sportelli è stato portato a 1.597, con un taglio di 263 dal secondo trimestre 2017.
In seguito a tali dinamiche, il risultato lordo di gestione si è fissato a 250,8 milioni (-10,5% a/a).
Non confrontabile, invece, il peso delle rettifiche su crediti, scese a un livello sostenibile di 108,1 milioni, contro i 4,2 miliardi dell’analogo periodo 2017 che incorporavano le rettifiche su crediti registrate sul perimetro delle sofferenze oggetto di cessione a seguito dell’adeguamento al loro valore di realizzo.
Il risultato netto di gestione è stato quindi positivo per 142,7 milioni. Le poste straordinarie sono risultate negative per 62,3 milioni, contro i 450 milioni positivi del periodo aprile-giugno 2017 e includono 26 milioni di costi del Fondo di Risoluzione del sistema bancario, un costo di 18 milioni per la Dta, 51 milioni di accantonamenti per rischi legali, 16 milioni per costi straordinari di ristrutturazione, parzialmente compensati da 50 milioni di plusvalenza per la cessione della piattaforma di servicing degli Npl.
Dopo un contributo fiscale positivo per 26,1 milioni, l’utile netto ha toccato i 100,9 milioni.
Quanto alla solidità patrimoniale, il Cet1 transitional si è fissato al 13%, in leggera flessione rispetto al trimestre precedente per l’aumento dello spread Btp-Bund spread.