Banco Bpm registra nel secondo trimestre 2018 un margine di intermediazione di 1,2 miliardi (+13% annuo) per crescita organica, effetti contabili per l’introduzione dell’Ifrs 9 e per operazioni straordinarie. Grazie al deciso calo dei costi il risultato lordo di gestione ha toccato 590,4 milioni (+52% a/a). Utile netto a 129,3 milioni.
Banco Bpm archivia un buon secondo trimestre con un miglioramento dei margini e un utile netto di 129,3 milioni, che si confronta con il rosso di 21 milioni del secondo trimestre 2017. Il tutto ottenuto in una fase in cui è ancora aperto il cantiere dei lavori per mettere a punto l’organizzazione e la struttura ottimale post fusione.
Il periodo in esame è stato ancora focalizzato sull’attività di de-risking che ha visto il completamento dell’operazione di cartolarizzazione da 5,1 miliardi, con la cessione nel mese di giugno del 95% dei titoli junior e mezzanine. Un’operazione che ha permesso all’istituto di portare avanti un progresso notevole nel piano di de-risking con i crediti deteriorati lordi scesi dai 30 miliardi dell’avvio della fusione agli attuali 19,4 miliardi.
E che vedrà un’accelerazione nei prossimi mesi poiché la banca ha selezionato tre controparti che avvieranno una due diligence sui crediti con l’obiettivo di effettuare un’offerta sui 3,5 miliardi di sofferenze ancora da cedere per raggiungere il target del piano di 13 miliardi, lasciando aperta la possibilità di presentare offerte per un ammontare ben superiore (5,5-6 miliardi) e anche per la piattaforma di servicing. Un’operazione che potrebbe portare il livello degli Npl lordi sotto la soglia del 10 per cento.
Quanto alle altre attività, il trimestre appena chiuso ha visto il completamento di un’importante riorganizzazione della struttura, con il varo di un nuovo modello commerciale che dovrebbe dispiegare i suoi effetti nei prossimi mesi. Inoltre, ad aprile è partita la nuova attività di bancassurance in partnership con Cattolica, mentre sono stati compiuti nuovi passi nel riassetto del settore del risparmio gestito con il trasferimento della gestione delle riserve assicurative ad Anima, che aveva già rilevato Aletti Gestielle.
Nella tabella seguente si riportano i conti economici trimestrali.
Il margine di intermediazione si è attestato a 1.279,6 milioni, con un aumento del 13% rispetto ai 1.132,8 milioni del secondo trimestre 2017, dovuto in parte a una crescita organica, a ricavi non ordinari e al cambiamento contabile derivante dall’introduzione del principio contabile Ifrs 9.
Il margine di interesse in particolare è lievitato del 14,4% annuo toccando i 585 milioni. Tuttavia, depurando la voce dagli effetti contabili legati all’Ifrs 9 e alla PPA, la crescita risulterebbe limata all’1,1% a/a, principalmente grazie al minore costo del funding.
Le commissioni sono risultate pari a 451 milioni, in calo del 10,4% rispetto al periodo di confronto; una diminuzione su cui hanno pesato diversi fattori a partire dall’impegnativa base di confronto, poiché nei primi mesi del 2017 l’attività era stata piuttosto intensa, dopo il rallentamento per la fusione a fine 2016. Inoltre, nel secondo trimestre le turbolenze sui mercati hanno comportato una flessione nel collocamento dei prodotti di investimento. Infine. il passaggio da un modello di consulenza “di prodotto” a un modello “di portafoglio” ha richiesto opportune attività di training che hanno impegnato la rete.
I profitti da trading sono saliti a 80,2 milioni (+26,6 a/a), soprattutto grazie ai maggiori realizzi da cessione di titoli di debito, anche per effetto della strategia del gruppo di ridurre l’esposizione ai titoli di Stato italiani. La voce beneficia anche dell’introduzione dell’Ifrs 9.
Gli altri ricavi sono triplicati raggiungendo quota 163,4 milioni grazie alla la plusvalenza, pari a 113,6 milioni, realizzata a seguito della cessione ad Anima dei mandati di gestione in delega degli attivi assicurativi svolti per conto delle joint venture assicurative legate alla rete bancassurance dell’ex Banco Popolare.
In deciso calo i costi, che scendono del 7,6% a/a toccando i 689,2 milioni. Nel dettaglio, le spese per il personale si sono contratte del 4,3%annuo in seguito alla riduzione dell’organico che ha visto la diminuzione di 544 risorse rispetto al mese di dicembre 2017. Anche gli altri costi operativi, che non includono gli oneri di sistema, sono scesi del 12,9% a 252,1 milioni rispetto al secondo trimestre 2017, grazie all’attento lavoro di controllo delle spese e al piano di chiusura degli sportelli che avanza più speditamente del previsto, tant’è che l’istituto ha previsto 360 nuove chiusure aggiuntive per arrivare a una rete di 1.700/1.800 sportelli.
L’allargarsi della forbice tra costi e ricavi ha permesso un notevole balzo in avanti del risultato lordo di gestione, aumentato del 52,7% a 590,4 milioni rispetto al corrispondente periodo del 2017.
Stabili le rettifiche su crediti a 360,2 milioni (+1,6% a/a), che includono 54 milioni di impatto derivante dall’operazione di cartolarizzazione Exodus i cui effetti sono stati leggermente superiori al previsto, poiché l’inattesa volatilità dei mercati finanziari ha avuto un esito negativo sul prezzo delle mezzanine e delle junior notes. Anche su questa voce c’è un effetto contabile dovuto all’Ifrs 9.
Il costo del credito, misurato dal rapporto tra le rettifiche nette di valore su crediti al netto delle riclassifiche Ifrs 9 e gli impieghi netti, risulta pari a 104 pb, in diminuzione rispetto al dato dello scorso esercizio pari a 154 pb.
Il risultato netto di gestione è lievitayp quindi a 230,2 milioni, dai 32,1 milioni del secondo trimestre 2017.
Gli accantonamenti e poste straordinarie sono negativi per 41,8 milioni, in miglioramento dagli 84,2 milioni del periodo aprile-giugno 2017. Tale voce include 18,4 milioni del costo per il Fondo di Risoluzione del sistema bancario.
Il periodo si è chiuso con un utile netto 129,3 milioni, a fronte del rosso di 21 milioni riportato nel secondo trimestre 2017.