A meno di tre mesi dal suo insediamento l’esecutivo tricolore potrebbe entrare nuovamente a gamba tesa nel settore elettrico. Dopo aver rinviato di un anno l’eliminazione del segmento sotto tutela (e, quindi, la completa liberalizzazione del mercato) il governo sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle sta studiando una serie di misure che potrebbero incidere negativamente sulla redditività dei gruppi che producono energia da fonte idroelettrica.
Nel dettaglio, l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha, innanzitutto, richiesto a gestori di dighe una relazione urgente sugli interventi di manutenzione necessari a evitare disastri simili a quelli dello scorso 14 agosto a Genova che dovrà essere inviata entro il prossimo 1° settembre al Ministero delle Infrastrutture. Oltre ai maggiori costi di manutenzione le società del settore potrebbero anche vedersi richiedere dallo Stato italiano un aumento dei canoni di concessione in quanto l’attuale governo italiano ha il timore che i contratti attualmente in essere sono sbilanciati a favore dei concessionari.
Tra le società quotate a piazza Affari che potrebbero essere impattate negativamente dai provvedimento dell’esecutivo tricolore ricordiamo A2A, Edison, Enel, Erg e Iren. Per quanto riguarda la multi-utility lombarda il business idroelettrico genera circa il 15% dell’Ebitda complessivo, con il 60% degli impianti che producono energia sulla base di concessioni che scadono nel 2029 mentre per il restante 40% i permessi sono già scaduti e sono stati prorogati al 2020. Nel caso di Erg la generazione da fonte idroelettrica pesa circa il 20% del margine operativo lordo complessivo con le concessioni che scadono nel 2029, mentre per Iren questo business vale il 10% dell’Ebitda e per Enel appena il 5%, con le concessioni che in entrambi casi scadono mediamente tra circa 11 anni.