In vista dell’assemblea del prossimo 20 settembre che dovrà rinnovare il board di Carige, mentre i principali azionisti hanno presentato le proprie liste di candidati, resta da capire quale posizione intende assumere Sga, socio rilevante della banca ligure con una quota del 5,4% e controllata dal Tesoro.
Secondo indiscrezioni di stampa, Sga avrebbe intenzione di sganciarsi dalla partita, con il Mef che vorrebbe mettere in vendita la partecipazione. Quest’ultima è iscritta a bilancio a 0,008 euro, mentre oggi il titolo viaggia a 0,0092 euro. La quota era stata acquistata a 0,01 euro per azione nell’ambito dell’aumento di capitale da 560 milioni chiusosi lo scorso novembre.
Gli stessi rumor riportano che la quota potrebbe essere acquistata sia dalla famiglia Malacalza (titolare di una quota del 23,9% e che potenzialmente salire al 28%) sia dal trio formato da Raffaele Mincione (che possiede il 5,4% della banca e che potrebbe incrementare la quota fino al 9,9% ed eventualmente anche oltre), da Gabriele Volpi (che possiede il 9,1% del capitale) e da Aldo Spinelli (cui fa capo poco meno dell’1% e che potrebbe portarsi al 3%).
Qualora la quota fosse mantenuta da Sga, resta incertezza su quale schieramento la società in mano al Tesoro potrebbe appoggiare o se invece resterà fuori dai giochi.
Nel frattempo, sempre secondo indiscrezioni, sia Malacalza sia Mincione starebbero sondando gli azionisti retail e alcuni fondi per cercare un’eventuale alleanza in vista dell’assise, dato che allo stato attuale non avrebbero i numeri per poter far prevalere la propria strategia.
Ricordiamo che Malacalza è a favore di una prosecuzione dell’attività stand alone, mentre Mincione ha dichiarato apertamente che l’obiettivo è la fusione con un altro istituto, anche se un paio di banche (Ubi e Banco Bpm) citate dal finanziere in un’intervista hanno fatto sapere di non essere interessate. Mincione aveva fatto anhe il nome di Bper e Credem.
A poco più di un’ora dall’inizio delle contrattazioni a Piazza Affari il titolo lascia sul terreno l’1,1% a 0,0092 euro, mentre l’indice di settore arretra dello 0,2 per cento.