Il primo semestre 2018 vede il ritorno all’utile per Mps, con un risultato positivo per 288,4 milioni. Il significativo calo dei costi operativi (-8,9% annuo a 1.154,3 milioni) ha più che compensato la contrazione del margine di intermediazione, attestatosi a 1.708,9 milioni (-7,8% a/a). La netta riduzione delle rettifiche su crediti ha poi permesso il ritorno al profitto.
Finita la fase delle rettifiche straordinarie su crediti, Mps riesce a ritrovare un equilibrio economico e a tornare in utile. L’istituto guidato da Marco Morelli ha infatti archiviato i primi sei mesi del 2018 con un profitto di 288,4 milioni, che si confronta con il rosso di 3.242,6 milioni del primo semestre 2017, che però includeva 3.900 milioni di accantonamenti straordinari legati al portafoglio da 24,1 miliardi oggetto di cartolarizzazione.
L’andamento è stato sostenuto dal severo controllo dei costi, che ha più che compensato la debolezza dei ricavi. La netta diminuzione delle rettifiche su crediti, che nel periodo gennaio-giugno avevano assorbito tutto il margine lordo, è poi riuscita a riportare in positivo il risultato netto di gestione.
La banca di Rocca Salimbeni ha registrato un margine di intermediazione sceso a 1.708,8 milioni (-7,8% annuo), a causa del minor apporto di tutte le componenti.
Il margine di interesse si è attestato a 870 milioni (-3,7% a/a), un andamento legato principalmente alla dinamica negativa degli attivi fruttiferi, in particolare degli impieghi commerciali e del portafoglio titoli, che hanno subito una contrazione dei volumi medi e un calo dei relativi rendimenti. Tale dinamica è stata parzialmente attenuata dalla diminuzione degli interessi passivi, conseguente alla riduzione del costo della raccolta commerciale e al rimborso di obbligazioni aventi condizioni più onerose (tra cui anche quelle connesse al burden sharing).
Le commissioni nette sono risultate pari a 809,5 milioni (-5,6% rispetto ai primi sei mesi del 2017), in seguito ai minori proventi sui servizi di pagamento per l’avvenuta cessione in data 30 giugno 2017 del ramo del merchant acquiring.
I profitti da trading sono diminuiti dell’80,5% a 8 milioni rispetto al primo semestre 2017, per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato i mercati e del contributo negativo delle attività valutate a fair value.
Gli altri ricavi, pari a 21,4 milioni (-57,9% a/a), sono legati al contributo della joint venture con Axa nella bancassurance.
Le azioni messe a punto dal management per il controllo dei costi hanno portato a una loro contrazione dell’8,9% annuo a 1.154,3 milioni, in grado di pareggiare la flessione dei ricavi.
Nel dettaglio, le spese per il personale sono scese a 734,1 milioni (-8,2% a/a), principalmente per la riduzione degli organici attuata anche grazie all’utilizzo del fondo di solidarietà in data 1° maggio e 1° novembre 2017.
In calo anche gli altri costi a 420,2 milioni (-10,1% annuo), per effetto delle iniziative di contenimento strutturale della spesa che hanno interessato in particolare la gestione del comparto immobiliare, le spese legali connesse al recupero crediti, nonché il comparto Ict (anche a seguito della cessione del ramo acquiring avvenuta a giugno 2017).
A seguito delle dinamiche sopra descritte, il risultato operativo lordo si è fissato a 554,6 milioni (-5,4% rispetto al periodo gennaio-giugno 2017).
Nel 2018 la svolta è arrivata dal calo delle rettifiche su crediti, pari a 245,2 milioni, con un costo del rischio di 56 pb. Si ricorda che il dato relativo al primo semestre 2017 era influenzato da 3.900 milioni di rettifiche straordinarie legate al portafoglio da 24,1 miliardi poi oggetto di cartolarizzazione.
La gestione straordinaria ha mostrato un saldo netto negativo di 117,9 milioni (positivo per 271,8 milioni nel periodo di confronto) e comprende oneri di ristrutturazione una tantum per 33 milioni, oneri di sistema pari a 95 milioni e 50 milioni di utile legati alla cessione della piattaforma di recupero crediti.
Il periodo si è chiuso con un utile netto di 288,4 milioni, a fronte di un rosso di 3.242,6 milioni dei primi sei mesi del 2017.
Dal lato patrimoniale, a fine giugno i crediti verso la clientela sono pari a 87 miliardi (+0,6% rispetto al 31 dicembre 2017). I crediti deteriorati lordi risultano pari a 19,8 miliardi, in calo di 23,1 miliardi rispetto a fine 2017, essenzialmente per effetto del deconsolidamento delle sofferenze (-22 miliardi) oggetto di cartolarizzazione.
I crediti deteriorati netti si attestano a 8,7 miliardi (-6,1 miliardi rispetto al 31 dicembre 2017), al cui interno l’ammontare delle sofferenze si riduce di circa 4,7 miliardi rispetto a fine 2017. La percentuale di copertura dei crediti deteriorati è pari al 56% (65,5% al 31 dicembre 2017) a seguito dell’avvenuto deconsolidamento delle suddette sofferenze.
La raccolta diretta si è attestata a 96,8 miliardi (-1% rispetto al 31 dicembre 2017). Nel periodo si è verificata una crescita dei conti correnti, pareggiata dalla flessione del comparto obbligazionario, interessato dal rimborso di alcune emissioni in scadenza (tra le quali una tranche di emissione con garanzia statale).
Sul fronte della solidità patrimoniale, a fine giugno il Cet1 si fissa al 13% (14,8% a fine 2017) a causa dell’aumento dello spread Btp-Bund.