Si riaccende lo scontro sulla governance di Tim. Ieri Vivendi, maggiore azionista del colosso italiano delle telecomunicazioni con il 24% delle azioni, si è definita “profondamente preoccupata per la disastrosa gestione di Telecom Italia da quando Elliott ha assunto il controllo del Cda dopo l’Assemblea degli azionisti del 4 maggio 2018”.
La nota diffusa dai francesi sottolinea l’andamento borsistico “drammatico” del titolo, “sceso del 35% circa dal 4 maggio e giunto al livello più basso in cinque anni”. Una performance in contrasto con quanto promesso da Elliott, che aveva garantito un “raddoppio del prezzo delle azioni in due anni”.
Vivendi rincara la dose affermando che “la governance sta fallendo”, anche a causa delle continue voci, tra cui quelle sulla possibile uscita dell’Ad Amos Genish, che stanno minando l’operatività e i risultati di Tim.
L’azionista d’Oltralpe conclude la nota dichiarandosi “convinto del significativo potenziale di sviluppo di Tim”.
Parole dure a cui ha risposto in serata il presidente dell’azienda italiana, Fulvio Conti, esprimendo “profondo rammarico per le accuse assurde e infondate” e rigettandole.
“Il CdA – prosegue Tim – sin dalla sua nomina e nella sua interezza è stato ed è tuttora al lavoro per attuare il Piano Strategico, elaborato dalla stessa Vivendi durante la sua gestione. Tim rappresenta una quota rilevante dell’economia italiana con circa 50 mila dipendenti, oltre 40 milioni di accessi tra fisso e mobile e, come dimostrato dei risultati del primo semestre 2018, in grado di fronteggiare l’evoluzione dei mercati e la concorrenza. Paradossale per Vivendi – conclude la nota – è l’effetto di una concentrazione negativa di elementi, provenienti da oltralpe, che hanno riflessi sul corso di Borsa di Tim”.