Moody’s alza il rating da stabile a positivo per il settore dell’abbigliamento e delle calzature sportive statunitense.
In seguito all’accelerazione degli utili delle aziende americane registrata negli ultimi due anni, gli analisti prevedono un andamento costante dei profitti nei prossimi 12-18 mesi, in parallelo con l’espansione delle aziende del settore sul mercato domestico e all’estero, specie nei mercati emergenti.
L’incremento dei profitti dovrebbe derivare inoltre dall’attuazione di iniziative volte al risparmio dei costi, allo sfruttamento di sinergie derivanti dalle operazioni di M&A, oltre all’introduzione di nuovi prodotti.
In aggiunta, lo sviluppo della reddittività dovrebbe altresì beneficiare degli effetti del marketing targetizzato, oltre alle condizioni macroeconomiche migliori.
Nel 2018, Moody’s stima per le aziende in esame un incremento degli utili operativi tra l’8-9% dal precedente 3-5%. Una performance che nel 2019 dovrebbe ridimensionarsi a una crescita fra il 6% e il 7%.
Un andamento che segue la previsione di un progresso dei ricavi fra il 6% e il 7% nel 2018 e del 4%-5% l’anno successivo. Tassi che tengono conto del ritmo sostenuto dell’export, specie in Asia.
Gli analisti prospettano, in particolare, una forte crescita dei profitti di Nike, sostenuta da nuovi prodotti e maggiori vendite online, oltre all’espansione su internazionale e al miglioramento del mercato Usa dell’abbigliamento.
Pvh, che annovera al suo interno marchi quali Tommy Hilfinger e Calvin Klein, dovrebbe continuare invece a mostrare performance positive, mentre VF dovrebbe beneficiare del rafforzamento di Vans, The North Face e dell’abbigliamento streetwear.
Il rischio per le aziende statunitensi del settore è rappresentato dall’eccessiva dipendenza dal mercato locale, ma gli analisti allertano anche sulla questione dell’aumento dei dazi.
Per il 2018 e 2019 Moody’s pronostica una crescita del Pil degli Usa e dell’Europa entro il 5%, mentre in Cina dovrebbe collocarsi intorno al 5 per cento.
Previsioni che potrebbero essere riviste se fossero imposte tariffe addizionali alle importazioni dalla Cina. Nel caso dell’abbigliamento e delle calzature andrebbe a tradursi in maggiori costi per le aziende e in una riduzione dei volumi di vendita.