Alla mezzanotte americana sono entrate in vigore le sanzioni Usa sull’export iraniano di greggio, annunciate lo scorso maggio dal presidente Donald Trump con il fine di ridurre a zero l’output di petrolio di Teheran.
Avvenimento che sin dall’annuncio pesa sulle spalle del mercato petrolifero, incerto sulla capacità dei principali produttori mondiali di greggio, in particolare Opec e Russia, di proporre un’offerta sufficiente a soddisfare la crescente domanda.
L’export iraniano dovrebbe infatti perdere, secondo gli analisti, fino a circa 1 milione di barili/giorno, che si aggiunge ai deficit produttivi che hanno colpito Libia e Venezuela.
La tolleranza zero annunciata da Trump non dovrebbe però concretizzarsi, sia per la volontà annunciata di alcuni paesi di non aderire alle sanzioni sia per le esenzioni previste dagli stessi Stati Uniti per otto paesi, che saranno rese note questo pomeriggio.
Quest’ultima decisione in particolare, secondo alcuni opinionisti, riflette principalmente la volontà di Washington di mantenere bassi i prezzi a meno di due giorni dalle elezioni di mid-term, vero banco di prova sull’operato dei primi due anni di amministrazione Trump.
Questa mossa sta contribuendo a sostenere la fase ribassista del greggio che, intorno alle 12, prosegue il calo dai massimi dal 2014 toccati a settembre, con Wti a 62,9 $/bl (-0,4%) e Brent a 72,7 $/bl (-0,2%).
La forte contrazione delle ultime settimane è comunque influenzata da diversi altri fattori, in particolare dalle incertezze su un possibile rallentamento della domanda petrolifera e, più in generale, quella globale, sopratutto in relazione ai timori sulle tensioni tra Stati Uniti e Cina.