La prima settimana dal ripristino delle sanzioni Usa contro l’export iraniano di greggio sta per concludersi nel modo che meno ci si attendeva fino a qualche mese fa, ovvero con il sesto calo settimanale consecutivo del prezzo del petrolio.
Intorno alle 11:45, il Wti scambia infatti a 59,9 $/bl (-1,3%), sui minimi dallo scorso marzo, mentre il Brent viaggia a 69,8 $/bl (-1,2%), ritrovando i livelli lasciati lo scorso aprile.
I due futures stanno cedendo rispettivamente il 22 e il 19 per cento dai massimi da fine 2014 toccati lo scorso 3 ottobre a 76,9 e 86,74 dollari al barile.
La principale preoccupazione degli operatori è quella legata all’aumento delle scorte americane, che la scorsa settimana hanno segnato il settimo incremento consecutivo mentre la produzione Usa raggiungeva gli 11,6 milioni di barili/giorno.
Fattori che hanno portato questa settimana l’Opec+ a rimettere sul tavolo dei possibili tagli alla produzione da effettuare nel 2019, nonostante l’organizzazione abbia allo stesso tempo affermato di essere pronta a colmare qualsiasi deficit dell’export iraniano.
Calo la cui misura è ancora incerta e che al momento dell’entrata in vigore delle sanzioni non ha però avuto alcuna spinta rialzista sui prezzi, a causa delle esenzioni alle sanzioni concesse da Washington.
L’amministrazione americana ha infatti concesso a otto paesi, compresi i primi due acquirenti di greggio iraniano, Cina e India, e l’Italia, di poter proseguire negli acquisti pur riducendo la quota ad un target indicato.