Ieri è stata una giornata in profondo rosso per le quotazioni del greggio, che al momento si trovano in pieno bear market affette dalle incertezze riguardanti la domanda e l’offerta e dal rafforzamento del dollaro.
Il Wti ha ceduto il 7,1% a 55,7 $/bl mentre il Brent ha lasciato sul terreno il 6,6% a 65,5 $/bl, scese rispettivamente del 28 e del 25 per cento rispetto ai massimi da fine 2014 toccati ad inizio ottobre a 76,9 e 86,74 dollari/barile.
Il trend questa mattina si mantiene debole, con il Wti in calo dello 0,2% a 55,6 $/bl e il Brent in lieve rialzo dello +0,1% a 65,6 $/bl.
Rispetto allo scenario che si prospettava fino a poco più di un mese fa, le preoccupazioni degli operatori si sono quasi completamente ribaltate.
Dapprima infatti si temeva una mancanza di offerta sul mercato principalmente a causa della crisi venezuelana e della reintroduzione delle sanzioni all’Iran, che aveva l’obiettivo originario di ridurne a zero l’export.
Questo aveva spinto Arabia Saudita e Russia, sulla pressione di Washington, a incrementare notevolmente la produzione in modo da colmare il gap iraniano, obiettivo sulla cui riuscita gli operatori erano incerti.
Ora il timore è esattamente l’opposto, ovvero un eccesso di offerta rispetto alla domanda.
Questo dubbio si è generato, sul lato dell’offerta, dopo che gli Stati Uniti hanno concesso esenzioni temporanee dalle sanzioni a otto paesi tra cui Cina e India, cioè i due principali acquirenti del greggio di Teheran.
I timori hanno trovato terreno fertile in un momento di forte aumento delle scorte Usa che, secondo il consensus raccolto da Bloomberg, si stanno avviando verso l’ottavo incremento consecutivo.
Questa situazione ha spinto l’Opec+ ha rimettere sul tavolo possibili nuovi tagli alla produzione da applicare nel 2019.
Secondo l’Arabia Saudita, che intanto ha annunciato una riduzione delle esportazioni di 500 mila barili/giorno a dicembre, è infatti necessario il taglio di almeno 1 milione di barili/giorno rispetto ai livelli di ottobre.
La Russia non è invece pronta ad agire e ha sottolineato la necessità di attendere lo sviluppo del mercato.
Nell’attesa della riunione dell’Opec+ di dicembre, sulla questione è entrato a gamba tesa il presidente americano Trump che, con un tweet, ha auspicato che l’Opec non proceda con nuovi tagli alla produzione e mantenga i prezzi su un livello compatibile con l’offerta.
Non è ancora chiaro al momento quale sarà la scelta dell’Opec, che però potrebbe tenere conto dei recenti dati che mostrano un rallentamento della domanda.
Ieri infatti l’Opec ha nuovamente rivisto al ribasso della domanda del proprio greggio a 31,5 milioni di barili/giorno, inferiore di 500 mila barili alla previsione precedente e di 1,4 milioni all’attuale livello di produzione.
L’organizzazione ha tagliato di 70.000 barili/giorno anche la previsione sulla domanda globale, riflettendo i timori di un rallentamento della domanda anche in scia al persistere delle tensioni commerciali.