Nei primi nove mesi del 2018 il margine d’intermediazione di Banca Generali si è attestato a 331,9 milioni, in linea con il corrispondente periodo del 2017. Il risultato lordo di gestione è stato pari a 188,5 milioni (-3,4% annuo), mentre l’utile netto si è fissato a 135,8 milioni (-7,9% a/a).
Nel corso dei primi nove mesi del 2018 Banca Generali ha confermato la solidità del proprio modello di business, evidenziando una capacità di reazione e crescita anche in un contesto di mercato non favorevole, vista la volatilità che ha caratterizzato l’andamento dei mesi in esame.
Incertezze che non hanno intaccato la raccolta del gruppo guidato da Gian Maria Mossa, che ha registrato flussi netti positivi per 4,1 miliardi, portando le masse a 58,5 miliardi.
L’incertezza dei mercati ha intaccato le voci di ricavo variabili come le performance fees (-56% a/a), che sono state però in buona parte compensate dalla crescita delle attività ricorrenti. L’utile netto si è attestato a 135,8 milioni con un lieve calo (-8% annuo) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tuttavia, al netto dei ricavi variabili, l’utile netto ricorrente avrebbe mostrato un rialzo del 38% a 87,7 milioni rispetto ai primi nove mesi del 2017.
Tra le nuove iniziative, si segnala la recente offerta vincolante per l’acquisizione del gruppo Nextam Partners presentate a fine ottobre che, una volta consolidata, proietterebbe le masse complessive vicine ai 60 miliardi.
Il margine di intermediazione si è attestato a 331,9 milioni (-0,7% a/a), in linea rispetto ai primi nove mesi del 2017.
Le commissioni nette si sono fissate a 265,6 milioni (-2,7% rispetto al periodo di confronto). L’andamento è il risultato di un incremento dell’11% annuo delle commissioni di gestione a 478,7 milioni, grazie alla continua espansione dimensionale della banca e di un aumento delle commissioni bancarie e d’ingresso (51,4 milioni, +26% a/a) per le iniziative di diversificazione avviate nell’ultimo anno (lancio della piattaforma di certificates e contratto di consulenza evoluta). In calo, invece, le le commissioni variabili (performance fees) che hanno risentito delle complessità dei mercati, attestandosi a 36,6 milioni (-56% rispetto al periodo gennaio-settembre 2017).
Il margine d’interesse ha evidenziato una leggera contrazione a 44,2 milioni (-6,1% rispetto ai primi nove mesi del 2017), a causa del livello dei tassi di interesse particolarmente basso e per il profilo prudente del banking book adottato a partire dagli ultimi mesi del 2017.
Infine, la voce profitti da trading ha mostrato un aumento a 22,1 milioni (+56,7% rispetto al periodo gennaio-settembre 2017).
I costi operativi, pari a 143 milioni (+3% a/a), sono cresciuti per effetto dei maggiori oneri per il trasferimento degli uffici, i costi per le iniziative di crescita esterna e l’avvio delle partnership, a cui si aggiungono anche i maggiori contributi versati al Fondo Nazionale di Risoluzione Bancaria (BRRD) e al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD).
Il periodo si è chiuso con un utile netto di 136 milioni (-7,9% rispetto ai primi nove mesi del 2017).
Dal lato patrimoniale, a fine settembre si registra un incremento della raccolta a 8,2 miliardi (+4,1% rispetto il 31 dicembre 2017), supportato specialmente dalla raccolta da clientela a 8,1 miliardi (+12,9% rispetto a fine 2017).
Per quanto riguarda la solidità patrimoniale, al 30 settembre il Cet1 su base transitional attesta al 18% e il Total Capital ratio al 19,6 per cento. Entrambi i valori sono ampiamente superiori ai requisiti minimi fissati per la società da Bankitalia per il 2018 (Cet1 ratio al 6,5% e Total Capital ratio al 10,2%), a seguito del periodico processo di revisione e valutazione prudenziale Srep. L’eccedenza di capitale rispetto ai requisiti regolamentari si fissa a 315,7 milioni.